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Inserita in Cronaca il 29/07/2021
da Cinzia Testa
Saldi estivi, a Palermo spesi in media cento euro a famiglia. La Cidec: “Piccoli segnali di ripresa, ora si cambi il sistema dei ristori”
É trascorso un mese dall’ avvio ufficiale degli sconti in Sicilia e la Confederazione Italiana Esercenti Commercianti di Palermo traccia il consueto bilancio sull’andazzo degli acquisti. Un consuntivo che, nell’estate 2021, tiene conto delle specificità del periodo in corso, a partire dall’emergenza sanitaria non ancora superata. Malgrado la chiusura di molte attività e il fermo per i negozi di abbigliamento durato sei mesi, il rendiconto dei risultati non è negativo, secondo le stime dell’associazione di categoria. “Dai dati raccolti – spiega il presidente provinciale della CIDEC Salvatore Bivona – emerge che, in media, le famiglie palermitane abbiano speso, ad oggi, cento euro per comprare abiti e calzature”. Nessun numero esaltante in termini di vendite, dunque, ma un timido segnale che va nella direzione della voglia di tornare alla normalità, scommettendo, seppur modestamente, sul futuro. Il dato relativo alla spesa dei nuclei familiari scaturisce dal trend delle vendite registrato nei centri storici e commerciali e include anche i cosiddetti negozi di vicinato. “C’è stata – afferma il presidente dell’associazione datoriale – una modesta ripresa del commercio di prossimità, sempre più a rischio a causa delle vendite on line”. E sempre più minacciato dai grandi empori commerciali. I saldi, dunque, sembrano avere funzionato, anche se, per ragioni legate alla pandemia, la presenza di turisti e il tradizionale shopping sono ancora limitati. A preoccupare la CIDEC, semmai, è l’erogazione dei ristori. Agli inizi della primavera Salvatore Bivona, che ricopre anche la carica di presidente regionale dell’organizzazione sindacale, aveva espresso forti perplessità sulle modalità di controllo della spettanza delle risorse, calcolando che nell’isola il quaranta per cento delle imprese non avrebbe ricevuto alcun sostegno. “Così è stato, purtroppo – afferma – poiché a molte aziende è stato impedito addirittura di accedere ai ristori, per via della farraginosità di alcuni calcoli legati a un software elaborato dall’Agenzia delle Entrate nel quale si inseriscono le medie mensili senza tenere conto, ovviamente, delle singole peculiarità aziendali”.
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