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Inserita in Un caffè con... il 20/04/2015
da REDAZIONE REGIONALE
Coordinamento per la Pace - Trapani
PIETISMO E RAZZISMO
Non è facile esprimere un pensiero che non risulti retorico o scontato di fronte all´ultimo, abominevole, massacro di migranti nel Canale di Sicilia. Quello che possiamo fare, anche per esorcizzare l´insopportabile senso di impotenza che ci opprime, è ribadire con chiarezza pochi ma fondamentali concetti che continuano a essere inquinati dalla narrazione dominante sul fenomeno dell´immigrazione, una narrazione che oscilla tra pietismo ipocrita e becero razzismo. Da qualche tempo, sul banco degli imputati ci sono gli scafisti e i trafficanti di uomini. Finalmente, il mondo politico e i media si sono accorti che dietro ai viaggi disperati c´è un business gestito da bande criminali e mafie di ogni tipo. Quello che ancora non si dice è che gli schiavisti altro non sono che il naturale risultato delle politiche di chiusura dell´Unione europea che impediscono materialmente un accesso normale e sicuro a chi - non europeo - voglia lasciare il proprio paese per cercare o lavoro o, più drammaticamente, per salvarsi dalla guerra. Tanto per essere chiari, a un profugo siriano che fugge dai bombardamenti non è permesso chiedere un visto in un´ambasciata europea. O, ancora, un ragazzo eritreo che scappa dalla dittatura non può prendere un aereo come qualunque altra persona. Questo è il vero nocciolo della questione: sono le frontiere che ammazzano gli immigrati. Quindi, al netto delle colpe individuali di scafisti e poliziotti di frontiera compiacenti che ammassano centinaia di donne e uomini nelle stive delle carrette del mare, la responsabilità morale e politica delle stragi ricadrà sempre e comunque sugli stati e i governi dell´Unione europea, sulle loro leggi escludenti, sulle loro politiche di sfruttamento e impoverimento del Sud del mondo, sulle loro strategie di aggressione militare e destabilizzazione. Rimpiangere "Mare Nostrum" per la sua indubbia efficacia nel salvare moltissime vite umane può avere un senso soltanto se si abbandona la logica interessata dell´emergenza e della militarizzazione delle coste, e si ragioni concretamente per la creazione di ampi canali regolari per l´ingresso in Europa. Allo stesso modo, il "blocco navale" invocato dalle forze politiche più apertamente razziste è una non-soluzione demenziale che rischierebbe di provocare ancora più morti a fronte di un fenomeno che non può essere arrestato, almeno finché il mondo sarà così profondamente dilaniato dalla disuguaglianza. A Trapani, in un giorno di lutto cittadino proclamato su esplicita richiesta dell´Anci, non possiamo fare a meno di pensare alle volgari e meschine esternazioni che ci è toccato sentire solo pochi giorni addietro, mentre otto cadaveri sbarcavano sulla banchina del porto per essere trasferiti all´obitorio e qualche politicante locale, alla perenne ricerca di consenso, esprimeva il suo disappunto per il presunto lusso di una struttura di accoglienza destinata ai richiedenti asilo nella nostra città. Quando a Trapani gli immigrati morivano bruciati nei centri di trattenimento, o si cucivano la bocca per protesta, o si impiccavano, o ingoiavano lamette, o facevano sciopero della fame perché non avevano nemmeno i materassi e l´acqua calda, nessun sindaco o consigliere comunale ha mai espresso la propria indignazione. Oggi, giusto per cavalcare gli istinti dell´elettorato più qualunquista, c´è chi preferisce andare sul sicuro, indicando negli immigrati il capro espiatorio su cui riversare ogni rancore. Meno male, però, che noi italiani (o trapanesi) non siamo razzisti.
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