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Inserita in Politica il 26/01/2022 da Patrizia Carcagno

Sicilia: la riabilitazione per pochi eletti.Riflessione ad un anno dall’ultimo intervento dell’assessorato alla salute in tema di riabilitazione

Sicilia:


Proprio un anno fa, in questi giorni, la Regione Siciliana pubblicava in gazzetta ufficiale gli “aggregati di spesa” per la riabilitazione “ex art. 26”. Dietro questa definizione burocratica si cela in realtà un atto dovuto e previsto “ogni 3 anni” da cui dipende il riscontro dei LEA (Livelli Essenziali di Assistenza) cioè la capacità della sanità pubblica e convenzionata di riscontrare il bisogno di riabilitazione di “soggetti fragili” gravi e gravissimi che emerge dalle varie provincie. Benché atteso sin dal 2017, questo provvedimento non è stato adottato sino al 2021 lasciando inevase tutte le richieste di potenziamento dei servizi “emergenti dal territorio” fatte anche di richieste di accesso di nuovi soggetti al sistema riabilitativo regionale.
Una mancanza notevole se pensiamo che tutto questo ritardo non è neppure servito ad una vera programmazione in un settore in sofferenza da tempo e che, in alcune provincie, è bloccato agli stessi livelli qualitativi e quantitativi di 12 anni fa.
Che sia mancata una programmazione da parte del governo regionale non sono “parole nostre” ma quelle autorevoli del dirigente del servizio “economico finanziario” d.ssa Patrizia Schifaudo che, nell’incipit della sua relazione all’assessore ed al Dirigente Generale del 4 settembre 2020, non solo rappresentava come “l’attuale offerta delle prestazioni di riabilitazione…(fosse) …il risultato di una realtà storicizzatasi nel corso degli anni che ha principalmente risentito delle iniziative avviate nel corso del tempo dai soggetti privati erogatori delle prestazioni”, ma sottolineava addirittura come tale offerta fosse “…senza alcuna correlazione con le esigenze espresse dai rispettivi bacini di utenza ed in assenza di un complessivo quadro programmatorio”…

Se è la Regione stessa, per bocca dei suoi più alti funzionari, ad asserire come la programmazione della riabilitazione non sia ispirata a criteri di ricognizione del fabbisogno reale, di “quante” persone necessitano assistenza, di “dove”, di “che tipo”… diviene lecito chiedersi su cosa siano allora basate le scelte che pure sono state fatte.

Non è un segreto che la riabilitazione convenzionata in Sicilia sia quasi interamente riconducibile a poche sigle che la fanno da padrone e, soprattutto, ad alcune aree come quelle del catanese che surclassa talvolta anche di sette / otto volte i livelli di assistenza di altre province. Non a caso, giustamente, l’assessorato stavolta non ha finanziato “ampliamenti” all’Asp di Catania benché ciò non sia servito a riequilibrare effettivamente le cose, anzi.

In un modo o nell’altro l’azione, o meglio, la “non-azione” dell’assessorato alla salute ha cristallizzato attori e beneficiari ribadendo quel dislivello inaccettabile tra chi da vent’anni gode di un diritto ad altri che a quel diritto non hanno possibilità di accedere.
La declinazione di questo disagio che coinvolge i disabili e ovviamente le loro famiglie produce proteste che non vengono ascoltate anche quando è palese il torto perpetrato; a Messina, ad esempio, ad una madre che attende di inserire in trattamento il figlio con sindrome di down dal 2018, è stato risposto che dovrà attendere ancora almeno cinque mesi. Lo stesso territorio in cui moderne strutture pronte ad operare, in qualche caso persino già autorizzate, vengono lasciate fuori dal sistema mentre altre contemporaneamente sono sovraccaricate al punto da non riuscire nemmeno a spendere i soldi loro assegnati.
Diverse associazioni storicamente rappresentative del mondo della disabilità o sodalizi impegnati per i diritti civili hanno, in queste settimane, preso posizione su questo tema che incredibilmente non sembra ancora essere giunto sui tavoli dei più importanti mass media nazionali malgrado l’enormità del fatto in sè resa ancora più sgradevole per i soggetti che ne sono vittime.
Un silenzio che mortifica non solo le istituzioni ma l’intero popolo siciliano, quel popolo spesso non solo ignaro dei propri diritti ma anche di un particolare dovere: quello di non rimanere in silenzio.

 

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