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Inserita in Cultura il 22/07/2021
da Cinzia Testa
“Il risveglio del gigante” di Giuseppina Tesauro, recensione a cura di Mariceta Galdolfo
Il libro di Giuseppina Tesauro “Il risveglio del gigante” ha l’andamento di una favola, ma non è certamente un libro per bambini o adolescenti: parla di un gigante che giace sul fianco di una collina (riconoscibile in una collinetta alle porte del paese dell’autrice) dal profilo antropomorfo, che potrebbe essere scambiato per il profilo di un uomo gigantesco che emerge dal terreno, confondendosi con esso, come è rappresentato dalla bella copertina.
Questo gigante rappresenta in qualche modo il” genius loci” del paese dell’autrice, ma giace addormentato da un tempo innumerevole, tanto che i suoi capelli e le sue membra sono stati ricoperti di terriccio e rifiuti, finché uno sciame di api operose non comincia a lavorarvi per caso e quindi a svegliarlo dal suo sonno. Entrano così nella narrazione gli animali, come nella tradizione favolistica classica, ognuno dei quali rappresenta uno stereotipo ben consolidato.
A questo punto vorrei spiegare perché ritengo che questa favola non possa rientrare nelle favole per l’infanzia, richiamate nella prefazione del professore Franco Lo Piparo, come Pinocchio, Pollicino, Cenerentola etc..
La letteratura per l’infanzia, cioè quella scritta appositamente per i bambini o i ragazzini, deve rispondere a criteri ben precisi:
1) Il protagonista deve essere un bambino o un adolescente, che si trova inizialmente in una situazione di disagio o di infelicità dalla quale uscirà dopo aver superato delle prove, approdando al lieto fine;
2) Nel corso di queste prove il bambino può incontrare degli animali, che possono aiutarlo o minacciarlo;
3) Queste prove consistono nell’affrontare un viaggio, attraversare un luogo pericoloso (per es. un bosco, un ambiente ostile, un mondo popolato da uomini cattivi), superare queste prove aiuterà il bambino a crescere e a prendere consapevolezza di sé e confrontarsi con la presenza del male nella realtà del mondo esterno (romanzo di formazione).
Esaminiamo ora la favola del Gigante addormentato della Tesauro:
Protagonista non è un bambino, con il quale i piccoli lettori possano identificarsi.
Manca un lieto fine, che rassicuri i piccoli sulla vittoria del Bene sul Male.
Gli animali che compaiono nella favola rivestono uno stereotipo, che non è più in sintonia con i nuovi valori dei nostri tempi: per esempio i lupi rappresentano nel libro il male e la violenza, ma i bambini di oggi sono stati educati a ritenere il lupo un animale in via d’estinzione, che merita di essere protetto e c’è persino una pubblicità in cui il lupo viene abbracciato da Cappuccetto rosso; la volpe è presentata nel libro come animale furbo ed infido mentre i bambini di oggi reputano la caccia alla volpe uno sport crudele che andrebbe eliminato. Per non parlare degli uccellini, che per i piccoli d’oggi sono gli amici di Biancaneve, che l’aiutano a preparare la torta per i nanetti, mentre nel libro della Tesauro simboleggiano gli egoisti che si preoccupano solo di tenere in ordine il proprio nido, mentre buttano l’immondizia per la strada.
Quindi per me, la Tesauro non ha voluto scrivere una autentica favola per i bambini perché un bambino da solo non sarebbe in grado di decifrarne i significati riposti e goderne appieno il valore, senza l’aiuto di un adulto.
La Tesauro invece ha scritto una favola filosofica, destinata ad un pubblico adulto, ma non solo adulto, anche colto e preparato politicamente.
I precedenti letterarari vanno quindi ricercati in romanzi come “I viaggi di Gulliver” di Jonathan Swiift, o “Robinson Crusoe” di Daniel De Foe, che nati per un pubblico adulto sono stati successivamente destinati anche ai ragazzi, grazie alla suggestione della trama e alla semplicità del linguaggio,per cui possono essere letti a diversi livelli.
Io, per esempio, mi sono divertita da bambina nel leggere le avventure di Gulliver con i lillipuziani e i Giganti, senza sospettare che celassero una feroce satira delle guerre fra Francia ed Inghilterra.
Un altro precedente letterario a cui potrei riferirmi è “Candide oude l’optimisme” di Voltaire, ma con una notevole differenza nello stile e negli intenti: lo stile di Voltaire è lucidamente satirico, quello della Tesauro è elegiaco e soffuso di malinconica poesia.
Non a caso tutti e tre questi esempi sono di età illuministica, perché, a mio parere, anche Giuseppina Tesauro è figlia dei Lumi: la sua visione laica e razionalista della vita la porta a rifuggire da un troppo facile ottimismo e a rifugiarsi in un rassicurante lieto fine, che preferisce proiettare in un lontanissimo futuro: la vita, la società non sono perfette, ma perfettibili e qui sta la differenza fra il messaggio finale di Voltaire che invita i suoi contemporanei a “coltivare il proprio orto” e il messaggio di Giuseppina ad impegnarsi, perché magari in un tempo molto remoto, in un paese molto lontano i valori di giustizia sociale e di razionalità, incarnati dalla dea Luna potranno realizzarsi.
Ed è molto rassicurante che questo messaggio parta da un’insegnante..
MARICETA GANDOLFO
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