Inserita in Un caffè con... il 31/07/2020
da Direttore
Nel connubio tra arte e bello si trovano i valori dell’etica e della morale
La vita dell’uomo non è in sé breve ma diviene tale in quanto gli uomini la sprecano in occupazioni ed impegni superflui. Ciò che conta è il presente, il tempo. La vita non dovrebbe essere impiegata tra la lussuria e la noncuranza, ma dovremmo indirizzarla verso cause nobili, poiché ci si accorge che è già passata mentre un momento prima non avvertivamo il suo andare. L’uomo di oggi, spesso, non dimostra la giusta sensibilità nell’apprezzamento dell’arte e del bello, intesi nella loro oggettività ed universalità - non bisogna confondere il bello con ciò che piace – essi sono, per alcuni aspetti: l’arte il linguaggio simbolico che parla allo spirito ed il bello potremmo definirlo il nutrimento dell’anima. Nel connubio tra arte e bello si trovano i valori dell’etica e della morale che, a causa della decadenza sociale stanno irrimediabilmente degenerando. Questo è il naturale processo di degenerazione in senso ampio della società globale che guarda il risultato, il profitto e l’utilità materiale di ogni cosa, e quel, che è peggio, di ogni individuo, trascurando i valori propri della persona. L’uomo, infatti, è, prima di tutto persona; sia per la cultura laica che gli riconosce un entità psico-fisica, sia per la cultura religiosa del pensiero tomista e del personalismo cristiano che lo concepisce come unione intrinseca di corpo ed anima. In quanto persona, egli quindi è creatore e fruitore di valori spirituale che lo elevano al di sopra del mondo materiale e che costituiscono il fulcro del progresso civile. Purtroppo oggi viviamo in una sorta di oscurantismo di valori a livello globale, determinato da un progressivo decadimento degli ideali, dove si vanno affermando nuove logiche di lotta: non sono più le manifestazioni pacifiche a garantire la difesa dei principi inviolabili quali l’autodeterminazione dei popoli o la libertà di culto, ma il sacrificio disumano ed irrazionale del terrorismo suicida. In un tale contesto diventa sempre più difficile accettare l’equazione – progresso =civiltà: anzi negli ultimi decenni si è andato delineando un falso concetto di progresso per cui quando si pensa e si parla di progresso si pensa e si parla in termini quantitativi più che qualitativi, mettendone in risalto soprattutto l’aspetto economico. Tutto ciò non è civiltà. Civiltà è invece il risultato della cultura di un popolo intesa nella sua globalità di libertà, democrazia ed uguaglianza; è il punto di arrivo, sempre perfettibile, del pensiero umano che si adopera per il benessere psico – fisico dell’uomo nell’ambito di un sistema di vita sociale che con le sue regole garantisce libertà, sicurezza, giustizia, solidarietà e tranquillità di vita alla persona nella sua integralità. Mi vengo0no in mente i versi del somma poeta Dante Alighieri: “fatti non foste a vivere come bruti ma perseguire virtute e conoscenza”; dove conoscenza e virtù non vanno intesi in senso sofista come tecniche o abilità di padroneggiare con destrezza il singolo caso – e ciò accade spesso nel nostro tempo – ma nell’accezione socratica di scienza che implica una considerazione approfondita dell’azione morale e la presenza, del soggetto agente, di un principio di organizzazione e di coordinazione in modo da divenire così la risultante della sua intera personalità. Ai nostri giorni però non è difficile percepire, per dirla con Dante “che la dritta via” è stata smarrita; così come è evidente lo smarrimento del senso dei valori e la perdita di idealità. Si è in presenza di uno stravolgimento nella concezione dell’uomo, nella pienezza della sua identità con conseguenti dimissioni della tensione educativa. Bisogna perciò avere il coraggio e l’intelligenza di andare più a fondo per scoprire le cause più vere della crisi odierna. Non è comunque fuori luogo pensare che alla radice della situazione attuale vi sia stato un grave smarrimento determinato da una ricerca sfrenata di successo, di piacere e di potere ad ogni costo, andando al di la di qualsiasi limite a cominciare da quello del rispetto altrui. Grande è oggi la responsabilità di ognuno di noi, e dell’ANAS come associazione, di impegnarsi per il bene comune realizzando forme di solidarietà effettiva soprattutto a vantaggio di coloro che risultano meno favoriti dalla sorte e che subiscono ingiustizie. E’ doveroso impegnarsi nella sollecitazione di forme di intervento a favore del bene comune quali: la tutela e la responsabilizzazione della famiglia, la giustizia sociale, l’educazione e l’istruzione dei giovani e degli adulti. L’uomo, dunque, non deve essere utilizzato per raggiungere fini materiali o scaricato al mercato né deve lasciarsi travolgere dai dispositivi cibernetici che stanno sostituendo pian piano la mera umanità che li ha creati. In questo andare e venire di innovazioni, teorie, ricerca di equilibrio o di potere l’individuo sta perdendo un pezzo importante: SE STESSO . Se qualcuno mi dovesse chiedere come definire quest’epoca probabilmente direi – pressappochista e senza anima.
di Antonio Lufrano
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