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Inserita in Politica il 15/04/2020
da Direttore
Di Desirée Proietti Cybergizziamoci: l’App che traccerà la cura al covid-19.
Un noto provider di telefonia mobile italiana si unisce alla lotta contro la diffusione del covid-19 e realizza un’App collegata al nostro smartphone che lavora mentre noi tutti dormiamo sonni tranquilli.
Ma come agisce? E con l’aiuto di chi?
Il noto provider suggerisce ai suoi clienti di installare questa App, la quale, ovviamente non peserà sul consumo dati acquistati secondo i propri piani tariffari. In poche parole, l’App sembra sia utile che gratuita per i clienti dello stesso. Ma come farebbe l’App a “lavorare”, a lottare contro il covid mentre noi neanche ci accorgiamo?
L’App cerca di realizzare un progetto molto più ampio, simile a quello già perfettamente collaudato dalla nostra amica e solidale Cina, chiamato Coronavirus- Fase 1 (ancora non è ben chiaro se il progetto sia predisposto ad una Fase 2, ma prevedibile, visto l’epiteto), aderendo al quale l’App opera mentre l’user (il proprietario dello smartphone) dorme serenamente.
No, non è una bufala! Questa App sfrutta la potenza di elaborazione collettiva degli smartphone e combina “algoritmi di intelligenza artificiale con la potenza di calcolo degli stessi smartphone per accelerare la scoperta di nuovi componenti antivirali nei farmaci esistenti e negli alimenti”. Il progetto “prevede l´analisi di miliardi di combinazioni di farmaci e molecole alimentari per identificare combinazioni per migliorare l´efficienza e l´efficacia del trattamento del coronavirus”.
Insieme a migliaia di utenti, in Europa, l’App utilizza il nostro telefono “per alimentare un supercomputer virtuale, in grado di elaborare miliardi di calcoli a favore di questa ricerca”.
Questi dati, i “cores”, verranno, inoltre,canalizzati ed elaborati da un “super cervello” organizzato e coordinatodagli scienziati dell’Imperial College, con sede in UK, con il quale il noto provider è in stretta collaborazione al progetto noto come DreamLab.
Questo meccanismo, seppur in maniera più specifica, può essere ricondotto ai progetti di E-Health, già avvalorati dall’Europa e dalla maggior parte dei paesi industrializzati,che farebbero appello alle nuove tecnologie per garantire e migliorare servizi sanitari a distanza.
Nulla a togliere ai vantaggi ottenuti con queste applicazioni e con l’implementazione di hyper-tecnologie per migliorare le prestazioni medico sanitarie. Ci chiediamo se, garantendone oggi l’uso come facoltativo e volontario, non lo si converta in futuro in uso necessario o addirittura “profilattico” massivo. Ciò che oggi scegliamo in virtù della nostra voglia di aiutare la ricerca e il bene del nostro prossimo, potrebbe rivelarsi in futuro un’evidente violazione della nostra privacy (la cara vecchia normativa sulla privacy), in quanto la comunità risulterebbe potenzialmente tracciabile sia da benefattori che da hacker e malware.
Accedendo all’App e installandola, daremo il nostro “nulla osta” ai “termini e condizioni” espliciti ed impliciti legati al suo uso. Saremmo comunque liberi di disattivare il processo di un’App, semplicemente disinstallandola. Ma potremmo trovarci “necessariamente” legati a questo tipo di progetti hyper-rischiosi e cyber-nefasti per la tutela dei nostri diritti nel nostro breve futuro. Oltre che “vacciniamoci”, lo spot mondiale potrebbe essere “cybergizziamoci”! Una riflessione, questa, che potrebbe avvalorare la “non volontà” di “hyper-applicare” e di “cybergizzare” le nostre vite, il cui diritto è tradizionalmente sacrosanto e inviolabile.
Di Desirée Proietti
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