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Inserita in Cultura il 04/02/2014
da Michele Caltagirone
Castelvetrano, torna al suo antico splendore la chiesa di San Domenico
Intere generazioni non li hanno mai visti quegli stucchi preziosi e splendidi che Antonino Ferraro da Giuliana realizzò su volere di don Carlo d’Aragona, vicerè di Catalogna e ambasciatore in Germania. Perch´ la chiesa di San Domenico a Castelvetrano (appartenente al fondo Fec del Ministero dell’Interno) nel ’68, a seguito delle scosse del terremoto che sconquassarono la Valle del Belice, fu chiusa al culto. E chi lo ricorda, proprio l’anno del sisma fu l’ultimo durante il quale si poterono ammirare quei capolavori nell’abside e nel coro. Da allora un ponteggio montato negli anni ’80 per riparare il tetto rimase lì, come un sipario di ferro a nascondere quella che in tanti definiscono la “Sistina di Sicilia”. Buio e ferro per tanti, forse troppi, decenni – complice l’incuria – hanno lasciato in ombra una delle espressioni più alte del manierismo siciliano che, finalmente, venerdì prossimo (7 febbraio, ore 9,30) tornerà al suo antico splendore (interventi di: Gaspare Bianco, Teresa Pugliatti, Lina Scalisi e monsignor Crispino Valenziano del Pontificio Istituto Liturgico “Sant’Anselmo” di Roma). Ci sono voluti cinque anni e l’impegno dell’architetto Gaspare Bianco della Soprintendenza ai beni culturali di Trapani affinch´ si restaurassero stucchi e marmi dell’apparato decorativo del presbiterio e liberare quei capolavori da ponteggi come gabbie. « Il restauro ha costituito un’irrinunciabile opportunità di studio delle tecniche artistiche caratterizzanti questa misconosciuta bottega di “cesellatori siciliani” dello stucco – spiega Bianco – e una straordinaria occasione per un approfondimento e una appassionata ricerca sull’iconografia cristiana e sul valore della forza comunicativa delle immagini». Ammirarli, col naso all’insù, è come estasiarsi dinnanzi alla bellezza di un’opera davvero originale che il Ferraro realizzò come capostipite di una illustre famiglia di stuccatori e pittori insediatisi per generazioni a Castelvetrano. L’artista fu chiamato a Castelvetrano da don Carlo d’Aragona “Magnus Siculus”(presidente del Regno (1566-68/1571-77) che, probabilmente, ne aveva ammirato i lavori ultimati nella Cattedrale di Palermo nel 1574.
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