Inserita in Politica il 15/08/2019
da Direttore
Verso la solennità della Madonna di Trapani, patrona della Diocesi
In occasione della “quindicina” alla Madonna di Trapani che si svolge in città fino al 16 agosto, giorno in cui Trapani e tutta la comunità diocesana celebrano la loro patrona principale, è intervenuto il vescovo di Latina Mariano Crociata, presidente della Commissione Episcopale per l’educazione cattolica, la Scuola e l’Università, del Consiglio nazionale della scuola cattolica e vice-presidente della Commissione degli episcopati dell’Unione Europea.
Mons. Crociata, originario della vicina diocesi di Mazara del Vallo, è stato invitato dai padri carmelitani che curano la parrocchia-Santuario, meta di continui pellegrinaggi per la devozione all’immagine marmorea della Madonna con il bambino attribuita a Nino Pisano che nei secoli è stata diffusa in tutto il mediterraneo, non solo in Sicilia ma anche in Calabria, Campania, Genova persino Tunisi e Marsiglia.
“Capita di vedere associato in un titolo mariano al nome di Maria quello di un luogo oppure, più raramente, quello di una città. È il caso della Madonna di Trapani, che manifesta in questa maniera il legame storico di tutta una popolazione con la madre di Gesù, un legame in cui si intrecciano la devozione da un lato e le grazie invocate e sperimentate dall’altro lato – ha detto il vescovo - In questa maniera il titolo mariano diventa soprattutto una responsabilità. Portarlo, per così dire, sulle proprie spalle non è cosa da poco di questi tempi.
Viene da chiedersi infatti: come la popolazione di questa città onora la propria patrona? La società nella quale viviamo non ha certo le caratteristiche che aveva la società dei secoli passati, qui come altrove L’identificazione di un’intera città con la sua patrona è ormai fuori dall’orizzonte – ha specificato - almeno in termini quantitativi. Ma non è questo il punto più rilevante. Ciò che più dovrebbe preoccupare è l’effettiva coerenza – o meno – di quanti si dicono, almeno a parole o con i riti, credenti e devoti. Dice infatti S. Ignazio di Antiochia: «È meglio essere cristiani senza dirlo, che proclamarlo senza esserlo». Oggi invece – ha proseguito nella sua omelia nel Santuario gremito di fedeli - siamo potentemente insidiati da una tentazione a cui sempre l’uomo è stato esposto: quella, intendo, di legare la riuscita della propria vita quasi esclusivamente al benessere materiale e alla ricchezza. La sicurezza e la tranquillità della vita non possono essere ottenute e garantite dai beni materiali. Esse sono invece il frutto della fiducia e di relazioni autentiche. I bambini ce lo insegnano con il loro stile immediato tipicamente infantile. Si sentono al sicuro non perché sanno di possedere qualcosa, ma solo perché sono circondati dall’amore e dalla tenerezza di papà e mamma; con loro si sentono al sicuro e non hanno bisogno di nulla, perché con loro hanno tutto. Così dovrebbe essere ogni vero credente: affidato e fiducioso così incondizionatamente al Padre di Gesù, da sperimentare la sicurezza che viene dalla presenza divina. Dopo non mancherà di lavorare e di faticare per realizzare tutti gli obiettivi che la vita, anche economica, gli chiede, ma non per cercarvi la sicurezza della vita, poiché quella è già al sicuro nelle mani di Dio. Viviamo invece innanzitutto di relazioni, abbiamo bisogno di relazioni autentiche, senza le quali tutto diventa vano e anche la ricchezza non ha più senso, non dà più nulla, perché vengono meno l’amore e l’amicizia che danno sapore alla vita. Tenendo fra le braccia Gesù bambino e offrendocelo, Maria vuole dirci che è nella comunione e nella comunicazione con lui che la nostra vita personale, e anche la vita di una città, può ritrovare senso e autenticità, armonia e giustizia. Il titolo mariano che incorona questa città esige di essere onorato da una nuova relazione con Maria che faccia recuperare la relazione con Dio e con Gesù, e insieme le relazioni con gli altri, così da fondare la vita associata su nuove basi, di fiducia, di solidarietà, di fraternità”.
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