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Inserita in Un caffè con... il 01/10/2013 da Direttore

Niccolò Marcapelli

Italia primo Paese Ue ad approvare il Trattato sul Commercio delle Armi: tutelati i Diritti Umani? Non solo

In questi ultimi giorni la stampa e la televisione ci propongono continuamente dichiarazioni infuocate, rilasciate dai rappresentanti politici di entrambi gli schieramenti: l’un contro l’altro armati a difesa dei propri principi e/o punti di vista.
A seguire giornali, radio e televisione, parrebbe che queste rispettive e rispettabili posizioni siano inconciliabili e tali, addirittura da non consentire compromessi o accordi di sorta.
Non entriamo oggi nel merito dei principali argomenti di questo dibattito senza fine, casomai ci torneremo un’altra volta, osserviamo però che tutte – dicasi TUTTE - le parti politiche di questo Paese, nessuna esclusa, manifestano il tratto comune di rimproveri ai propri avversari o partner governativi: l’ immobilismo nei settori chiave (fiscale, del lavoro, della programmazione industriale ecc… ).
In poche parole, il Governo delle larghe intese, a detta di tutti e degli stessi governanti, non manterrebbe le promesse, perdendo tempo ed evitando di intervenire in settori fondamentali.
Tanto premesso, è bello apprendere che i nostri uomini politici, così impegnati a difesa delle proprie idee e dei rispettivi schieramenti, hanno però trovato il modo di accordarsi per ratificare in fretta e furia al Senato, dopo un altrettanto veloce passaggio alla Camera, lo “Arms Trade Treaty”, vale a dire il Trattato Internazionale sul Commercio delle Armi, che era stato siglato lo scorso 3 giugno all’ONU da 108 stati, tra i quali Francia, Germania, Inghilterra e Stati Uniti d’America.
Si apprende con orgoglio che l’Italia è stata la quinta Nazione a ratificare il trattato, preceduta soltanto da colossi nel settore della produzione degli armamenti quali Antigua e Barbuda, Guyana, Islanda e Nigeria. Le Organizzazioni a tutela dei Diritti Umani esultano: «il Trattato - afferma la Senatrice Manuela Granaiola - è un´occasione per riflettere sull´esigenza di una maggiore trasparenza anche interna riguardo alla spesa del nostro Paese per le armi. Questa legge prevede che l´Italia (e le imprese italiane) non possa esportare armi a Paesi in guerra, sottoposti a embargo dalle Nazioni Unite o che violano i diritti umani. Inoltre prevede una serie di autorizzazioni e di controlli necessari per qualsiasi esportazioni di armi».
A dire la verità un piccolo pensiero va alla nostra industria degli armamenti, una delle poche – se non ormai pochissime – eccellenze rimaste al nostro Paese, ed a tutti i lavoratori nelle manifatture e nell’indotto. La nuova legge, infatti, imporrà nuove e gravi difficoltà ad un settore che non è l’ultimo tra quelli che ci consentono di mantenere attiva la bilancia dei pagamenti. Tuttavia è giusto e doveroso che sull’altare dei Diritti Umani siano sacrificati gli interessi economici.
Infatti: «non si può promuovere – sono parole della Senatrice Silvana Amati - la tutela dei diritti umani senza intervenire anche sulle cause strutturali della loro violazione. I diritti fondamentali non possono e non devono essere messi in concorrenza con ragioni di ordine economico e proprio mettendo alla base di ogni valutazione generale questo principio, il voto unanime dell´aula del senato è un risultato doppiamente significativo e soddisfacente».
Perfetto: almeno per questa volta possiamo essere veramente orgogliosi dei nostri uomini politici – che han già ratificato il trattato mentre i loro colleghi tedeschi, inglesi e francesi devono ancora farlo (e chissà cosa stanno aspettando …)
Mentre così andiamo argomentando, ecco che su Twitter il viceministro degli Esteri Marta Dassù ci fa sapere che «ll Senato italiano e quello americano hanno ratificato oggi il Trattato internazionale sul commercio delle armi»— marta dassù (@martadassu) September 25, 2013 .
Apprendiamo quindi che anche gli Stati Uniti hanno ratificato il Trattato e francamente sembra abbastanza strano perch´ gli Stati Uniti – a parte dichiarazioni affatto di maniera - non sono mai stati realmente in prima fila nella difesa dei diritti umani, preferendo tutelare anzitutto i propri interessi di superpotenza e solo dopo, se c’era spazio, ANCHE i – venerandi – Diritti Umani …
Stando così le cose, sorge il dubbio (e forse più di uno) che questo trattato, in concreto, possa essere non tanto uno strumento di tutela dei Diritti Umani, quanto un supporto alla –sia pur sacrosanta nei principi – lotta americana contro il terrorismo.
Lotta che di per se è effettivamente sacrosanta – lo ripetiamo – ma che gli Stati Uniti, nei fatti, hanno probabilmente condotto con pressappochismo e comunque sempre col massimo rispetto per le proprie esigenze infischiandosene di quelle di qualsiasi altro, compresi i propri alleati.
Non era allora meglio, forse, prendere norma dai tedeschi, francesi ed inglesi, anch’essi possessori di fiorenti fabbriche d’armamenti, che finora si sono ben guardati dal ratificare il trattato ?
In un momento politico critico come l’attuale, era proprio necessario, da parte di tutti gli schieramenti politici, dedicare tanto tempo e fatica per correre ad accompagnarsi ad Antigua e Barbuda, Guyana, Islanda e Nigeria, tutti paesi che o non possiedono fabbriche d’armi oppure sono gravati, come la Nigeria, da enormi problemi di terrorismo e ordine pubblico interno ?
Oppure ancora: non sarebbe stato più opportuno concordare, con francesi, inglesi e tedeschi, la ratifica del trattato? facciamola almeno tutti insieme, così nessuno ne trae vantaggio.
Probabilmente, ancora una volta, la nostra classe politica, più che tutelare i diritti umani, sembra essere corsa con questo provvedimento – estremamente penalizzante per la nostra industria - a compiacere il potente di turno, in questo caso gli Stati Uniti.
E la nostra industria degli armamenti, che sui mercati internazionali deve concorrere con i francesi, i tedeschi e gli inglesi, che ad oggi non si sono neppure sognati di andarsi ad impastoiare, che fine farà ?

Niccolò Marcapelli

 

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