Inserita in Sport il 01/12/2014
da Gabriele Li Mandri
Roma-Inter 4-2: undici tigri nel motore
Se il calcio fosse un’equazione, la Roma potrebbe dormire sonni tranquilli abbracciata al suo grande guanciale tricolore, perché in Italia è lei a giocare il calcio migliore. Largamente. Ma il pallone è rotondo e, anche se si tratta dell’ovvietà più clamorosa, non serve regalare spettacolo se poi c’è qualcuno che ha più punti di te. Passano le settimane ma il copione non cambia: i giallorossi sono sempre costretti a inseguire un’avversaria, la Juventus, che quando non domina riesce comunque ad acchiappare i 3 punti contando sui propri fuoriclasse. Il tormentone di questi due anni sta diventando più noioso di Danza Kuduro sparata a palla dalle casse di un’automobile che sfreccia nelle desolate vie cittadine alle cinque del mattino.
Oggi, poi, sembrava più difficile del solito tenere il passo dei bianconeri, vittoriosi nel tardo pomeriggio domenicale con un gran gol di Pirlo a 6 secondi dal termine del recupero, contro un ottimo Torino. Il derby della Mole sembrava aver lanciato un messaggio fin troppo chiaro: se la Juve la sfanga così, come minimo la Roma combina la frittata e va a -6. E tanti saluti al campionato. Invece, per l’ennesima volta, la Roma compie l’impresa di rimanere attaccata con le unghie e con i denti, sempre sotto di tre lunghezze ma sempre conscia che se c’è qualcuno che sa regalare perle in campo, quel qualcuno veste giallorosso.
“Metti un tigre nel motore”, recitava un vecchio slogan di una nota catena di pompe di benzina: la Roma, di tigri nel motore, ne mette 11. Una squadra prepotente per la sua fisicità, devastante nelle sgroppate offensive e disarmante nei suoi uno-due, è l’essenza di come dovrebbe essere giocato il calcio moderno. La sintesi perfetta che vede in Nainggolan e Totti i due estremi: il primo, se non avesse sporadiche e clamorose amnesie tecniche, potrebbe tranquillamente essere uno dei primi 5 centrocampisti al mondo per dinamismo, forza fisica e determinazione; il secondo, pur non avendo più il fisico di una volta, anche giocando da fermo e alle volte nell’ombra riesce a inventare cose inspiegabili, come l’assist da terra di stasera.
Il posticipo della tredicesima giornata, contro l’Inter del Mancio-bis, è l’esaltazione di tutto questo: una gara a tratti dominata, pareggiata due volte dai nerazzurri e altrettante volte ribaltata dalla furia romanista. Un collettivo, quello giallorosso, capace di esaltare le caratteristiche di ogni singolo giocatore: se persino Ljajic si sacrifica, vuol dire che la convinzione di essere forti non manca. Il problema, come sempre, è quello di farlo capire alla Juventus.
Gabriele Li Mandri
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