Inserita in Un caffè con... il 10/11/2019
da Cinzia Testa
Alla ricerca disperata di una cattedra con le Mad
Mancano ormai due mesi alla fine di questo 2019 e la situazione scolastica non è ancora delle migliori. Le attese interminabili dei concorsi che dovrebbero sbloccare la situazione stagnante si fanno sempre più lunghe, lasciando gli aspiranti insegnanti barcamenarsi nel caos. La notizia della firma dei decreto scuola da un lato dona speranza, ma dall’altro demoralizza perché le date in cui è prevista l’uscita del bando sono quelle dei primi mesi del 2020. Iter alquanto farraginoso visti i frequenti rinvii che si sono succeduti lasciando con sé un velo di amarezza. In questo clima di confusione l’unica ancora di salvezza è quella della convocazione. L’idea del posto fisso, ormai superata in attesa di tempi migliori, lascia spazio al desiderio di impiegare il proprio tempo per quello per cui si è studiato.
La precarietà e l’incertezza hanno aperto la strada a un sistema di candidatura che adesso spopola e padroneggia in un’Italia disorientata: la messa a disposizione. Con questo tipo di candidatura un docente dà la sua disponibilità ad insegnare presso un numero definito di scuole , sperando di essere uno dei prescelti per ricoprire una supplenza.
E’ una vera lotta alla cattedra in cui a far da padrona è la fortuna. Le logiche di convocazione via graduatoria, molto spesso inefficaci o improduttive, con le Mad vengono soppiantate da un unico criterio di scelta: il giusto tempismo.
Ma non è tutto oro quello che luccica: gli aspetti negativi sono dietro l’angolo: pur di lavorare gli aspiranti insegnanti accettano ruoli di 1-2 settimane, disposti anche a spostarsi in fretta e furia. Inoltre la mancanza di insegnanti e la totale insensatezza del sistema attuale ha lasciato spazio all’anarchia: con questo sistema è possibile che un docente specializzato in materie linguistiche si ritrovi a insegnare storia in una scuola primaria. Un caos che si ripercuoterà sulla preparazione degli alunni confusi e sballottati da un docente all’altro.
Ma la triste realtà è sempre una: al termine dell’incarico, con ogni probabilità occorrerà ricominciare da capo, reinnescando il meccanismo di speranza-desiderio che porta tutti i docenti a tentare e ritentare. Questo iter selvaggio potrà essere frenato almeno in parte con la creazione di posti stabili. Quei tanto millantati 48.000 posti daranno finalmente un po’ di respiro al sistema di istruzione italiano attualmente in ginocchio. Ma, se davvero stavolta il bando vedrà la luce all’inizio del nuovo anno, occorrerà ancora stringere i denti.; difficilmente infatti per le assunzioni si farà in tempo per l’a.s. 2020/21; probabilmente scatteranno dall’anno scolastico successivo.
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