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Inserita in Politica il 10/09/2018 da Direttore

Interporto di Catania, la Ugl denuncia: Con la situazione drammatica in cui versa la società il presidente pensa a discriminare i sindacati. Perché non fa luce sulla cattive gestioni passate?

Interporto
“Ciò che sta accadendo all’interno dell’Interporto di Catania è la prova che la nostra richiesta di intervento da parte della Regione siciliana è fondata e motivatamente votata all’ottenimento di una maggiore trasparenza nella gestione della società.” Lo afferma, senza nascondere un misto di rabbia ed amarezza, il segretario generale territoriale della Ugl Giovanni Musumeci dopo gli paradossali episodi accaduti nell’ultima settimana, che hanno visto protagonista il sindacato e la sua rappresentanza sindacale aziendale. “Dopo le nostre dichiarazioni a mezzo stampa di circa un mese fa, all’interno degli uffici nel cuore della zona industriale è scoppiato il panico. Tant’è che ad una recente riunione la Ugl è stata fatta accomodare fuori nonostante le proteste, con il benestare dell’amministratore unico Rosario Torrisi Rigano che in un successivo incontro da lui stesso convocato non si è neanche presentato. Quali sono i motivi di questo atteggiamento? In un momento in cui quasi tutti i soci (le Città metropolitane di Catania e Palermo, l’Autorità portuale palermitana e le Camere di commercio di Catania, Palermo e Siracusa) hanno deciso di dismettere le quote e l’amministrazione regionale non ha stabilito di rilevarle, ed il bilancio vive una situazione non di certo positiva, con il rischio di fallimento e di licenziamento dei dipendenti, il vertice preferisce assecondare chi vorrebbe l’Ugl ai margini. Perché invece non si chiede quali sono i motivi per cui l’Interporto è stato ridotto in queste condizioni e fa luce sulle cattive gestioni passate? Questa è una partecipata che è stata letteralmente sbranata nel tempo, senza raggiungere alcun obiettivo. E’ sufficiente, ad esempio, pensare alla vicenda della penale inflitta alla ditta che ha completato il polo logistico, somme inserite in bilancio dalla precedente gestione ancor prima di essere riscosse pur di far quadrare i conti, nonostante vi sia in atto un contenzioso. Senza parlare poi delle assunzioni dirette effettuate nel 2010 in palese contrasto con la legge 102 del 2009 che prevede da quella data l’obbligo di concorsi, ma anche del conferimento di superminimi senza un criterio e senza alcuna motivazione oggettiva. All’Interporto, infatti, ci sono stipendi che in molte grosse aziende, dove si producono utili, neanche si sognano! Qui invece sono gli inutili ad essere prodotti ed a caro prezzo per la cittadinanza, visto che si tratta di soldi pubblici della Regione e della Comunità europea. Anche il Comune di Catania per cinque anni è stato uno dei contribuenti più rilevanti, considerato che un lavoratore dell’Interporto è stato amministratore comunale e, quindi, a pagargli lo stipendio per 14 mensilità (incluso il cospicuo superminimo) sono stati i cittadini catanesi. Per non dimenticare – aggiunge Musumeci – di tutte le premialità, concesse a vario titolo, che si sono aggiunte ai già ricchi stipendi. Cosa c’è da premiare nella più importante incompiuta commerciale della Sicilia? E’ inutile continuare a far finta di niente, cercando di sopprimere la voce critica di chi, invece, chiede una netta inversione di rotta nella gestione del polo siciliano. Per questo chiediamo al presidente Nello Musumeci, che della lotta per la legalità ne sempre fatto la ragione del suo impegno politico ed istituzionale, una presa di posizione netta ed inequivocabile nell’interesse dell’immediato futuro dell’Interporto e dei suoi livelli occupazionali. All’amministratore chiediamo invece una risposta determinata, al di là dei condizionamenti, per una conduzione che sia chiara e trasparente, con una discontinuità rispetto al passato. E’ evidente – conclude il segretario – che, se da qui a breve, qualcosa non cambierà dovrà prenderne atto ed assumere responsabilmente le conseguenze, in modo tale da provare a preservare la società da ulteriori danni.”

Catania, 10 settembre 2018

 

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