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Inserita in Politica il 14/10/2017 da Direttore

I morti siciliani continuano a vivere, in ciascuno di noi, con le loro gentilezze e amorevolezze: tra zucchero, paste di mandorle, frutti di Martorana e pupi

I
In Sicilia la notte di Halloween cede volentieri il passo a quella, ormai secolare, tradizione che vede il periodo dedicato alla ricorrenza dei defunti (una vera e propria festa, come la definiscono, non proprio erroneamente i bambini, ma anche gli anziani) interamente dedicato al "dolcetto" senza, naturalmente e prevedibilmente, allo "scherzetto" d´anglosassone (e che c´entra poi con la Sicilia) tradizione. Ma quali maschere di scheletri vaganti e quali zucche vuote illuminate? Quali morti? Quali cadaveri o zombie nelle già disperdute crepe, sempre più numerose e frequenti, della Sicilia disoccupata... disincantata oramai. Tutte minchiate che i giovani, neppure loro, vogliono cogliere (eccezioni destinate a coloro che dedicano un´altra notte, tra le mille che impiegano sottraendole a cose più produttive, alle serate danzanti con musica frastornante). I dolci, quelli profumati, che vincono la fede ( si fa per dire) dei morti di matrice (meglio di cultura) angloamericana, sono tutti colorati, zuccherati e, talvolta, simpatici, basti pensare a cosa sta dietro (in termine di cultura e tradizione), ai pupi di zucchero o all´impareggiabile e famosa (ormai ovunque) frutta di Martorana .

Non c´è sangue nella nostra tradizione (se non quello schifoso che ancora lascia sulle strade, la merdosa mafia, non più e non solo dei pastori, ma, oggi, anche dei colletti bianchi e di taluni imprenditori), non ci sono rossetti scoloriti, costumi lacerati, occhi tinti a nero, cere impallidite a rievocare, macabramente, i cadaveri dei nostri estinti. Ci sono, per i tradizionalisti, per gli amanti delle prelibatezze, le iper-colorate e super profumate, ben realizzate, paste di mandorla, o meglio pasta reale, che abitualmente sono conosciute e denominate, in Sicilia e nel mondo, sotto il nome di "frutti di Martorana" e che la pasticceria di Castrenza Pizzolato, per i clienti e gli amici Enza, di Alcamo, città che diede i natali al primo e originale cantore in lingua Italiana, Cielo (conosciuto, anche, con Ciullo).

Ma non solo questo, come ci ricorda con la sua inconsueta passione per la storia della nostra Terra e della nostra gastronomia, Enza Pizzolato, seduta, sempre con il sorriso sulle labbra (anche quando sta male, considerato il fatto che, la pasticceria di via Fratelli Sant´Anna, è sempre aperta al pubblico.

Nel Settecento, c i ricorda Enza Pizzolato, una delle cose curiose (diremo pure irripetibili) della vita monastica era che ciascun monastero siciliano (e ve ne erano davvero tanti, basti considerare il numero elevato di quelli presenti, tuttora, ad Alcamo, e la loro mai cessata operosità), quasi fosse un distintivo, aveva "na Piatta", cioè un piatto tipico (con ricetta scrupolosamente segreta), come lo chiamavano i nostri nonni, ma anche i nostri genitori, un "manicaretto", una ghiottoneria. Ad esempio, solo per volerne citare qualcuno, anche per esempio fedele alla tradizione gastronomica e dolciaria siciliana dei Conventi e dei Monasteri, a Palermo erano celebri "li Feddi", ovvero le fette del Cancelliere, la Cucuzzata (zucca candita fatta lavorando, nel periodo estivo, o le zucchine bianche lunghe o la buccia, spessa, dell´anguria) ed il Biancomangiare di Santa Caterina, ma anche la conserva di "scurzunera" delle Montevergini, il pane di Spagna della Pietà, le ravazzate con ricotta di Santa Elisabetta, le sfinci ammilate delle Stimmate, la caponata (dolce) dei Sett´Angeli e tanti altri dolci quali i mitici cannoli (con quella profumatissima scorza marrone friabile e croccante), le cassate, che invano, i pasticcieri della città, nonostante bravi, tentavano di imitare o, in alcuni casi, di migliorare o riadattare alla mutata realtà.

Il Monastero della Martorana era molto noto (tanto da darne il nome) per i suoi frutti realizzati con pasta di mandorle. Le pie monache, in questo prestigioso edificio religioso, confezionavano, con una cura e una precisione impareggiabile (inimitata nel tempo) la frutta di pasta reale di ogni tipo, desiderando imitare con una perfezione impressionante quella naturale. I "frutti della Martorana", per l´appunto, entrarono ben presto a far parte di quella schiera di tipicità che, oggi, prendono il nome di dolci dei morti, e dopo la soppressione delle Corporazioni religiose, avvenuta nel 1866 (poco dopo l´unità d´Italia e la fine del glorioso regno dei Borbone Due Sicilie), l´operosità e la fattura dolciaria del monastero diventò patrimonio dei pasticcieri della città e della Sicilia che, regolarmente, ogni anno, per la circostanza della commemorazione dei defunti, ne continuano ad adornare le loro vetrine con particolare dovizia, originalità e, perché no, basta guardare quella della pasticceria di Enza Pizzolato (con splendide vetrine sulla via Roma), orgoglio.

L´orgoglio di chi non vuol lesinare nulla ai suoi clienti e, diciamolo pure con certezza, a se stessi.

Ben più raccapriccianti, forse, sono le memorie folcloristiche delle pasticcerie, anticamente catanesi, ma ormai siciliane, che confezionano da decenni le "ossa ri motti" (ossa dei morti).

Anche Castrenza Pizzolato, ci ricorda con orgoglio culturale, prepara "l´ossa ri morti" per l´occasione.

Il reliquario zuccherato, insaporito dall´odore unico dai semi di garofano, sono costituiti da due basi, una marrone, che richiama le bare dei morti, l´altra bianca e friabile ma anche molto dura, che si rifà alle ossa.

Ma la preparazione, segretissima, non prevede l´utilizzo di due paste diverse, bensì fonda il suo successo estetico su una particolarità legata alla precipitazione di uno degli ingredienti.

Le ossa dei morti, insieme ai frutti di Martorana, ci ricorda Castrenza Pizzolato (da anni, ormai, fornitrice personale delle loro altezze reali Beatrice e Carlo di Borbone Due Sicilie che, nella loro Parigi, degustano, più volte all´anno, dolci di Mandorla e Frutti di Martorana, cannoli e cassatelle), vengono regalati, insieme agli immancabili giocattoli (mi ricordo quelli che mio padre e mia madre mi facevano regalare dai nonni ormai defunti), ai bambini siciliani da secoli, al fine di rendere più accettabile l´idea della morte e alimentare la credenza, questa, però, tutt´altro che cristiana, che i morti "tornano sulla terra", in quella giornata particolare e santa, con noi mostrandoci, con palesi gesti e regalie, che ci vogliono bene ancora e con la stessa intensità. Ma quale spiriti maligni, quali vampiri o fantasmi del 31 Ottobre? Per i bambini siciliani, ieri come oggi, il 2 del mese di Novembre è l´occasione felice, diciamo irripetibile, per gustare prodotti tradizionali e ricevere regali golosi. In una terra in cui non c´è spazio, ad inno d´anno, neppure per la Befana che, qui, proprio non riesce ad arrivare come altrove! E allora ci si reca, ben vestiti e in abbigliamento, ormai, autunnale, ai cimiteri per onorare i morti, pulire i marmi, lustrare gli ottoni e i rami, portare i fiori, accendere i ceri (mai lasciare i cari estinti al buio terreno e di Dio) ma, paradossalmente, però, non si respira in alcun modo e per nessuna ragione la morte, non si vedono mostri, non vagano vampiri, non volano streghe. I morti siciliani, i nostri genitori, i nostri nonni, gli amici cari, sono quanto mai umani, normali e vicini, insomma.

A ricordarlo, lo dicevamo all´inizio della nostra narrazione, sono i caratteri antropomorfi dei celebri "pupi di zucchero" palermitani, raccontati sin dai tempi di Santa Rosalia. I personaggi che vengono raffigurati dai nostri abili pasticceri sono vari e coloratissimi. Ci ricorda Carlo Todaro che, nella sua vita di pasticcere, ne ha realizzati molti di pupi, essi ritraggono con particolare attenzione ai dettagli e alla colorazione: dragoni, paladini, combattenti d´ogni epoca, dame del settecento. L´Orlando Furioso, i carretti siciliani, sono tra i più belli da collezionare e gustare. Le pupe di zucchero o di pasta di miele, sono comuni in tutta la Sicilia e non fanno paura, però mettono ansia a chi è schiavo delle diete, anche quelle mediterranee.

La vera e unica malinconia è percepire che i bimbi stanno dimenticando, anche per colpa nostra, queste tradizioni e, cosa peggiore, non sanno nulla su di esse. C´è, per fortuna, chi non vuole dimenticare e allora continua a dedicare, specie a Palermo, una giornata solo ed esclusivamente alla riscoperta di questi simpatici dolci educativi, forse non propriamente cristiani, ma di sicuro lontani dalle ombre sataniste del culto della morte. Perché i nostri morti, quelli siciliani, sono vicini, sono umani, e ci ricordano che è meglio morire di dolcezza che vivere tra streghe, mostri e vampiri.

Ed allora, abbiamo un mese per farlo, fino al 2 di Novembre, abbandoniamoci a gustare questi sapori irripetibili e non dimentichiamoci di farli vivere nei nostri figli, nei nostri amici, nei nostri alunni e oltre i confini della nostra splendida e opulenta isola (Afu).

 

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