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Inserita in Salute il 24/10/2013 da Marina Angelo

SOS Psoriasi: il 58% dei pazienti si vergogna della malattia, 1 su 10 ha pensato al suicidio

SOS
In Italia un paziente su dieci colpito da psoriasi ha pensato almeno una volta al suicidio. È l´allarmente quadro che emerge dalla presentazione della prima indagine sul percorso assistenziale dei pazienti promossa da Adipso (Associazione per la difesa degli psorisiaci), in corso a Roma, in occasione della Giornata mondiale che si celebra il 29 ottobre.

«Al momento - precisano gli esperti - in Italia non risultano casi di suicidio. Certo è che siamo di fronte a situazioni pericolose causate dalla discriminazione e dalla stigmatizzazione sociale cui i malati sono sottoposti, come accade per coloro che la pelle l´hanno solo di un colore diverso».

La psoriasi si conferma un disturbo difficile da sopportare: il 43% dei malati accusa ansia e depressione; il 58% vergogna; il 20% disturbi del sonno; il 30% limitazioni nelle attività all´aria aperta (30%), come il nuoto in piscina o una banale attività in palestra.

Dati confermati dai più recenti studi internazionali: in più del 60% dei malati gravi, con una prevalenza di donne, la psoriasi è causa di ansia e stati depressivi anche importanti, tanto da manifestare nel 10% dei casi idee suicide.

A sottovalutare per primo il disturbo è lo stesso malato (46%), che inizialmente cerca di curarsi da solo (25%) anche perchè non sa a chi rivolgersi (oltre il 20%). A seguire la sottovaluta il medico di famiglia, che pur diagnosticandola correttamente (nel 48% dei casi, il 20% sbaglia) non invia il paziente a un centro di riferimento (solo il 15% lo fa), ma si limita a prescrivere una visita da un dermatologo (16%), allungando tempi e costi, per il paziente e per il sistema sanitario.

Presa coscienza del problema, comunque solo il 32% dei pazienti si rivolge subito al centro di riferimento regionale. Infine la sottovalutano le Istituzioni, nazionali e regionali, e quindi la società.

«Abbattere il muro della discriminazione e della stigmatizzazione sociale a cui si è sottoposti a causa della malattia - spiega Mara Maccarone, presidente dell´Adipso - è proprio il principale obiettivo della nostra associazione. Occorre portare a conoscenza di tutti che la psoriasi può essere adeguatamente curata e controllata attraverso interventi terapeutici personalizzati, presso i centri specialistici presenti in diverse regioni del territorio, in grado di migliorarne o arrestarne il decorso. Oggi esistono cure efficaci che aiutano a tenere sotto controllo la malattia. Purtroppo il problema, che non è stato ancora risolto, è la disomogeneizzazione da parte delle Regioni nel far curare i loro cittadini affetti da questa patologia così importante e di forte impatto sociale. Ci sono inoltre novità che stanno emergendo nel campo delle genetica che cercano di fare luce sui fattori che determinano la malattia».

«Nell´approccio e trattamento della psoriasi - conferma Sergio Chimenti, direttore della Clinica dermatologica dell´Università degli Studi di Roma Tor Vergata - non può essere sottovalutato l´importante impatto psicologico correlato alla difficoltà di accettazione della malattia e al significativo peggioramento della qualità della vita. I più recenti studi internazionali hanno infatti attestato che in più del 60% dei pazienti psoriasici, con una prevalenza di donne, la malattia è causa di ansia e stati depressivi anche importanti, tanto da manifestare nel 10% dei casi idee suicide. Al fine di controllare meglio questa possibile evoluzione della malattia verso un disagio psico-emotivo, alla prima comparsa di macchie cutanee più o meno estese, localizzate principalmente sulle ginocchia, sui gomiti e sull´osso sacro (ma non sono escluse anche altre aree del copro quali il cuoio capelluto, le unghie e la lingua), occorre rivolgersi tempestivamente ad uno specialista».

«La psoriasi, infatti - aggiunge Roberto Perricone, direttore Uoc Reumatologia Uoc Allergologia e Immunologia clinica del Policlinico Tor Vergata di Roma - può avere anche un risvolto grave e invalidante, rappresentato dall´evoluzione verso l´artrite psoriasica, ossia uno stato infiammatorio cronico che interessa le articolazioni, che si verifica all´incirca nel 30% dei casi, generato dalla natura immunologica della malattia. L´artrite psoriasica se non viene adeguatamente riconosciuta, diagnosticata e trattata alla comparsa di dolori o limitazioni articolari anche sfumati, può portare a una importante riduzione dell´autonomia della persona fino all´incapacità di svolgere le normali attività quotidiane, di occuparsi della cura della propria persona o di perseguire gli impegni professionali».

Molto, nella gestione della malattia, dipende anche dai comportamenti personali e dallo stile di vita condotto. «Non fumare e avere un regime alimentare corretto - spiega Mauro Picardo, responsabile della Fisiopatologia cutanea dell´Istituto dermatologico San Gallicano Irccs di Roma - consente una migliore gestione della malattia. Diversi studi, anche italiani, hanno infatti dimostrato che un regime dietetico che riduca gli alimenti ricchi di grassi saturi (burro, latticini, formaggi e insaccati), la carne rossa per il contenuto di Omega 6 e aumenti la quantità di pesce (gli Omega 3 svolgono una azione antinfiammatoria) e mantenga o incrementi l´apporto di frutta e verdura, a favore del miglioramento dell´aspetto metabolico, può contribuire, indipendentemente dal tipo di terapia assunta, a prevenire l´insorgenza delle recidive o a ridurne l´incidenza e a migliorare la risposta al trattamento».

Secondo l´esperto, «fondamentale è anche l´abolizione del fumo di sigaretta (mentre oggi fumano o hanno fumato all´incirca il 70% dei pazienti con psoriasi), per evitare la compromissione della malattia e la minore risposta ai trattamenti sia tradizionali che biologici. A queste abitudini deve essere affiancata regolare attività fisica con buone camminate o del jogging o una modica attività in palestra».

 

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