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Inserita in Politica il 20/04/2017
da Direttore
quando la giustizia dipende dal governo
Ancora una volta la magistratura onoraria precaria mantiene alto il livello di protesta con l’ennesima astensione sulla paventata attuazione della Legge Delega n. 57/2016, ed in particolare, sulla previsione del regime transitorio ai magistrati in servizio. È’ singolare che in ogni dibattito politico e televisivo, non solo tra addetti ai lavori, si discuta dei rimedi alla eccessiva lunghezza delle indagini e dei processi, e non si pensi che la riforma della magistratura onoraria nel senso indicato dalla categoria interessata possa essere la soluzione. Eppure si sta approntando, nel tentativo di eludere la prossima e certa procedura di infrazione UE, che costerebbe milioni di euro allo Stato italiano, una attuazione della riforma che, lungi dal valorizzare l’apporto della magistratura onoraria, ne ridurrà sensibilmente l’essenziale contributo al sistema giustizia e determinerà il collasso definitivo del sistema. Il cittadino deve sapere che i presidenti dei tribunali attualmente contano sulla magistratura onoraria per colmare efficacemente i vuoti di organico ordinari e straordinari, sempre più ricorrenti, nel ruolo monocratico ma anche in quello collegiale, e che davanti a lui in udienza, spesso si siede un giudice onorario, con le medesime funzioni e doveri del “togato”, ma nessun diritto. Anche le indagini delle procure sono rese possibili, grazie all’apporto dei vice procuratori onorari nelle udienze di rito monocratico e di giudice di pace penale, ciò che potrebbe subire una inversione di rotta in caso di diminuzione obbligata dell’impegno, provocando ingenti ritardi nella conclusione delle indagini preliminari, con le catastrofiche conseguenze in termini di prescrizione dei reati. Ebbene, la certa ricaduta negativa che tale progetto avrà sul piano della efficienza del sistema, e il contrasto stridente con quella normativa europea, provocherà con certezza ingenti danni economici per lo Stato italiano e soprattutto per i singoli cittadini in attesa di giustizia, e rappresenterà il manifesto della politica in materia di “lavoro” di questo governo. La giustizia la attendono i 5000 magistrati onorari dopo anni di servizio prestato senza tutele previdenziali e di maternità, senza riconoscimento di ferie pagate, con un sistema di mero cottimo “in nero di diritti”, che li ha costretti a lavorare pur in malattia, sotto chemio terapie o altri trattamenti curativi importanti per evitare la sicura “revoca dell’incarico”. In queste condizioni hanno pronunciato e perseguito la giustizia, in modo autonomo e imparziale, nonostante proprio a questi magistrati onorari veniva negata giustizia. Questi magistrati precari ancora oggi si vedono negati o comunque non apertamente riconosciuti i propri diritti, poiché nessuno ha garantito una disciplina transitoria certa e satisfattiva delle ragioni di coloro che la Commissione Europea e il comitato europeo dei diritti sociali hanno definito comunque come “lavoratori”. Confidiamo, quindi, nelle dichiarazioni del Ministro che ha demandato al Consiglio di Stato, organo terzo consultivo in materia di legislazione delegata, di esprimere un parere sulla “eventuale stabilizzazione” della magistratura onoraria in servizio e che ha dichiarato che avrebbe proseguito nella strada della stabilità delle funzioni. Tale parere è pervenuto, a seguito della adunanza del 23 marzo 2017 al n. 00464/2017, e ha delineato una linea di indirizzo precisa e conforme alle proposte delle maggiori associazioni di categoria, ossia, compatibilità con il tessuto costituzionale della legge già promulgata nel 1974 per i vice pretori onorari che ebbe a disporne il mantenimento in servizio nell’ambito delle funzioni di tribunale. A Costituzione immutata, nessuno può affermare che tale legge ispiratrice della proposta di categoria sia dotata di “incostituzionalità” come non lo fu la precedente. Del resto, si tratta di garantire la permanenza in servizio con funzioni piene e relative tutele previdenziali e retributive a chi ha sempre esercitato le medesime funzioni giurisdizionali piene della magistratura togata, mantenendo la riserva di progressione di carriera e quindi le prerogative eminentemente politiche di autogoverno alla sola magistratura di carriera. Chi potrebbe opporre ormai un veto? L’Unione Nazionale Italiana Magistrati Onorari e la Confederazione Giudici di Pace chiedono al Governo di seguire le indicazioni dettate dai principi dell’Unione Europea, dalla Costituzione italiana, che, si ricorda, non ha disciplinato solo il tema dell’accesso alla magistratura ma anche quello degli inalienabili diritti ad una giusta retribuzione per il lavoro prestato e alle tutele previdenziali e alla maternità e malattia!
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