Inserita in Sport il 13/07/2015
da Gabriele Li Mandri
MILAN, STEPHAN EL SHAARAWY AI SALUTI: QUESTIONE DI FEELING
“Il Milan del futuro sarà giovane e italiano”: era il 13 febbraio e Berlusconi lanciava questa bombetta di mercato, sottolineata poi il 18 maggio e condita dall’apertura delle porte societarie agli investitori stranieri. Forse era il caso di risparmiarsi entrambe, perché i soldi e le parole non bastano per cambiare un modo di pensare e di agire che al Milan, da troppi anni, porta più guai che benefici.
Passi per i carissimi acquisti di Bacca e di Bertolacci (50 milioni in due), criticabili ma non bocciabili a priori prima del verdetto del campo, ma quanto successo durante questo weekend ha fatto arrestare più di un cuore rossonero: El Shaarawy, italiano, classe ’92, sta sostenendo proprio in queste ore le visite mediche per conto del Monaco.
Perché privare un Milan “giovane e italiano” del suo unico talento cristallino? I motivi non possono essere economici, dato che i soldi thailandesi (per il momento anticipati da Berlusconi) pare che ci siano sul serio: una plusvalenza di 10 milioni, ed un risparmio complessivo di 17 milioni da iscrivere a bilancio, sarebbero stati “giustificabili” fino all’anno scorso. Ma non ora, soprattutto dopo i recenti acquisti già nominati, e quel Luiz Adriano che sarebbe arrivato gratis a gennaio ma che si è preferito prendere subito per 8 milioni.
Allora i motivi saranno di natura tecnica? Errore, ancora una volta. Non c’è scritto in nessuna clausola contrattuale che Mihajlovic debba giocare con due punte pure ed un trequartista: di solito un allenatore si adegua alla rosa, o quanto meno cerca di andare incontro ai pochi ragazzi di talento presenti (e al Milan, oggi, sono davvero pochi). Allegri docet. E anche se fosse, non si capisce per quale motivo El Shaarawy non potesse essere provato da seconda punta, invece di ridicolizzarlo pubblicamente prevedendo per lui un improbabile futuro da mezzala.
Il vero motivo, nonostante la stampa si stia scervellando per far passare questa operazione come l’ennesimo miracolo economico di Adriano Galliani, è che l’apprezzamento della presidenza verso questo ragazzo è giunta ai minimi storici, dopo un crollo verticale che è andato di pari passo con l’abbassarsi della famosa cresta del Faraone. Un abbassamento da non intendere in senso figurato, perché El Shaarawy ha sempre dato tutto umiliandosi a fare il terzino e a correre anche per gli altri. A meno di non volerlo incolpare anche delle due fratture al piede che l’han tenuto fermo per un anno, perché oggi anche a questo si sta arrivando.
È che al Milan passano gli allenatori, passano le quote societarie ma a comandare, come sempre, è il volere del padrone: a costo di passare sopra i progetti, a costo di rinnovare ad un difensore (Mexes) tutt’altro che ben voluto da Mihajlovic, a costo di relegare ai margini l’unico patrimonio presente in rosa, costringendolo di fatto a cambiare aria. Fin quando Berlusconi non farà un passo indietro, al Milan sarà sempre e solo questione di feeling. Di un solo uomo.
Gabriele Li Mandri
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