Inserita in Sport il 03/03/2015
da Gabriele Li Mandri
Roma-Juventus 1-1: un pareggio che non cambia la sostanza
Il posticipo di extra-lusso della venticinquesima giornata termina 1-1: un pareggio che non cambia la sostanza e neanche la costanza di due squadre che, nel bene e nel male, confermano quanto visto negli ultimi due mesi. Uno scudetto che per i bianconeri è quasi una certezza, mentre per i giallorossi era semplicemente una speranza appesa al sottilissimo filo dello scontro diretto, unica via per avvicinarsi a -6: alla fine, come dicevamo, a prevalere è stata l’abitudine della Juve a segnare anche quando gioca male, alla prima occasione buona, e l’abitudine della Roma a perdersi in un bicchiere d’acqua, salvo poi tirar fuori il cuore quando oramai servirebbe ben altro.
“Una partita che non ha offerto un granché di spettacolo”, le parole di Piccinini al 93esimo minuto: mero eufemismo per dire che la partita è stata brutta, condotta a ritmi giurassici, con errori sparsi qua e là e terminata con un pareggio figlio di due calci piazzati regalati da due interventi gratuiti di Torosidis (espulso) e di Chiellini. D’altronde, oggi, solo così la palla poteva finire in rete: rotolando con una prodezza di Tevez su punizione, o con il classico gollonzo di testa su improvvise allucinazioni difensive, come nel caso di Keita. È lo specchio del calcio italiano, che anche nella sua partita di cartello, quella che dovrebbe rappresentare l’eccellenza, zoppica paurosamente facendoci rimpiangere il nostro passato calcistico.
Non potrebbe essere altrimenti se in campo l’unico che regala qualcosa che si avvicini al calcio è un certo Pereyra, ottimo giocatore per carità, ma di certo non un mister 80 milioni. Quando poi il primo tiro nello specchio arriva al minuto 50 (appunto, col gol di Tevez), ed i portieri si ritrovano a giocare la sfera praticamente solo di piede sui rinvii, allora si capisce che non è la serata giusta per sognare un match cattivo d’altri tempi, con gol a ripetizione e magliette purgatorie varie ed eventuali.
Non ci sarebbe molto altro da aggiungere, una partita del genere non meriterebbe neanche più di un trafiletto, ma ad essere onesti non si può ridurre tutto al semplice risultato. Perché la Roma sta diventando il terzo mistero di Fatima, giunta all’ennesimo pareggio e agli annunci su Porta Portese in stile “A.A.A. cercasi identità di gioco smarrita nei pressi del Foro Italico”, e la Juve invece, nonostante uno scudetto praticamente vinto ed il fresco 2-1 contro il Borussia, sta vantando un crollo fisico paragonabile, ad essere gentili, agli svenimenti dopo 10 ore filate di sauna.
Ritrovarsi in vantaggio, per giunta con espulsione a favore, e farsi rimontare da una Roma innocua per 80 minuti non è effettivamente da tutti, così come non è da tutti cercare di riafferrare un campionato scendendo in campo in un clima di lutto nazionale. Questo è quello che passa il convento italiano, in attesa di tempi (e magari anche di concorrenti) migliori.
Gabriele Li Mandri
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