Inserita in Gusto il 28/10/2018
da Direttore
Arte, tradizione e gastronomia La Frutta di Martorana continua a scandire le principali tradizioni religiose dellŽisola
La storia è sempre incerta sullŽorigine dei dolci e sulle tipicità siciliane, puoi anche per la infinita di dominazioni che hanno caratterizzato la sicilia. Pregevoli al tal proposito sono, spesso, le precisazioni e le informazioni storiche dellŽamico Pasquale Hamel al quale va il merito di non fermarsi mai davanti i sentito dire o le tradizioni orali e, talvolta, scritte. Le origini della pasta reale con la quale sono realizzati i frutti di Martorana pare debbano essere ricercate in epoca etrusca, al più romana nellŽusanza devozionale di offrire dolcetti realizzati con pasta contenente farina di mandorle alle divinità. Per la verità e per rigore storico pare proprio che la vera ricetta debba, invece, essere ricercata nei secoli XIII e XIV quando andò di moda realizzare dolcetti in pasta di mandorle con albume e zucchero palpabile. Fu quella che venne chiamata frutta di marzapane dallŽarabo "marzaban". Si trattava, per la verità, di una unità di misura di capacità utilizzata nellŽisola di Cipro e in Armenia. Si trattava di un sottomultiplo del moggio. Come accadde per il "cafisu", lŽunità di misura ha ceduto il nome al contenitore che veniva tarato sulla misura. Si trattava di una particolare scatola realizzata in legno sulla quale era posto un coperchio. Questa scatola veniva utilizzata per molteplici usi, come, ad esempio, per racchiudere della corrispondenza o per chiudervi allŽinterno i documenti importanti ma, ancora di più, per spedire particolari dolci realizzati sullŽisola di Cipro con farina, pasta di mandorle, frutta secca e aromi. Dal momento che i dolci assumevano la forma della scatola il nome dellŽinvolucro dove venivano custoditi passò al prodotto collocato al suo interno. Nella prestigiosa città di Venezia, dunque, potremmo dire molto lontano dallŽattuale area geografica di reale consumo e produzione del dolce, grazie alla facilità con la quale potevasi reperire lo zucchero, già a partire dal 1300, i pasticceri divennero molto popolari, tra i notabili della città ed oltre, per la manualità con cui riuscivano a produrre, con lŽimpasto del marzapane, pregevoli figure e sculture. Non è certo, ma non si può assolutamente trascurare la somiglianza, la più antica e pregevole preparazione realizzata con questo impasto, ma senza albume, è la Frutta di Martorana, che nasce a Palermo, in un convento che era annesso alla chiesa che venne eretta, nel 1143, da un importante ufficiale del re, il notabile Giorgio dŽAntiochia. Le suore, molto attive sempre nel campo delle arti, la gastronomia tra queste, realizzavano, per la festa di Ognissanti, piccoli dolcetti, che riproducevano, in modo assai sorprendente i numerosi frutti di cui è ricca la Sicilia, con i loro mille colori. LŽimpasto venne chiamato, forse impropriamente, "pasta reale" perché lo si ritenne degno del re normanno Ruggero II. Era il 1193 circa, quando Eloisa, appartenente alla nobile famiglia Martorana, fece realizzare un monastero, poi donato ai benedettini, proprio accanto alla chiesa e al convento, e per questa ragione, in suo onore, sia la Chiesa che i dolci preparati dalle monache assunsero il nome "della Martorana". Da allora in avanti, e con il trascorrere del tempo, per ogni evento religioso fu realizzato un particolare soggetto di frutta reale: frutta reale per Ognissanti, cavallucci per SantŽAntonio, agnellini, di varie forme per Pasqua. Oggi molte pasticcerie, in tutta lŽisola, producono, più o meno artigianalmente, la frutta di Martorana, esposta in bellavista in vetrine e banconi. Molte di queste pasticcerie mantengono ancora la produzione propria facendo del prodotto una vera e propria Opera dŽarte. La pasticceria di Enza Pizzolato, in Alcamo, nella via Fratelli SantŽAnna, 39, continua, imperterrita, la sua produzione manuale. Ogni frutto è diverso dallŽaltro proprio perché realizzato con lŽabilità della manualità. In questa adesione alla tradizione piena e convinta sta lŽarte pasticcera.
Antonio Fundarò
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