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Inserita in Politica il 16/09/2017 da Direttore

nei tentativi operati dal Governo italiano di nascondere i migranti nei campi di concentramento libici, nell’ipocrisia generalizzata dell’Unione europea è rimasto del tutto irrisolto il problema dei flussi migratori

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Chi sono i migranti che arrivano in Italia? Nelle polemiche estive contro le Ong, nei tentativi operati dal Governo italiano di nascondere i migranti nei campi di concentramento libici, nell’ipocrisia generalizzata dell’Unione europea è rimasto del tutto irrisolto il problema dei flussi migratori, perché lo si vuole ancora affrontare con uno strumento inadeguato è che il riconoscimento della richiesta di asilo.
Se invece andiamo a sovrapporre la mappa della siccità e della fame con quella dei paesi di origine delle persone che arrivano in Europa, è facile capire che non ci troviamo di fronte soltanto a persone che scappano da guerre e violenze, ma a una trasformazione epocale, di cui l’Europa e lo sviluppo industriale dell’ultimo secolo, con i conseguenti cambiamenti climatici, portano le principali responsabilità e su cui si continuano a innestare conflitti armati.
I migranti non scappano solo dalle guerre, o quantomeno da quelle che siamo abituati a immaginare. Fuggono da inondazioni, siccità, da catastrofi naturali e da quelle indotte dall’uomo, dalla desertificazione o dai conflitti per l’accaparramento delle risorse idriche. Sono i profughi ambientali, che secondo uno studio di Legambiente, già nel 2015 avevano superato il numero dei profughi di guerra. A differenza di questi ultimi, però, i rifugiati ambientali, giuridicamente parlando, sono dei fantasmi. Non esistono. E non sono riconosciuti dalla legislazione internazionale.

Un tema che sarà oggetto di approfondimento oggi a Festambiente Mediterraneo, il festival internazionale di Legambiente che fino a domani animerà i Cantieri Culturali della Zisa a Palermo con dibattiti, incontri, musica, cinema, animazione per bambini e enogastronomia.
L’appuntamento è alle ore 20.30, allo spazio dibattiti della festa, con l’incontro “I migranti fantasma. Il fantasma dei migranti”. Intervengono: Valeria Calandra e Amelia Giordano, rispettivamente presidente e responsabile della comunicazione dell´Ong “Sos Mediterranee”; l’avvocato Francesco Campagna; Vittorio Cogliati Dezza, responsabile migranti e interdipendenza di Legambiente; Riccardo Magi, Segretario di Radicali Italiani; Giusy Nicolini, ex sindacato di Lampedusa; Leoluca Orlando, sindaco di Palermo; Lidia Tilotta, giornalista del TGR Sicilia.
L’incontro sarà preceduto dalla proiezione del documentario “SOS Mediteranée si racconta” realizzato da Maghweb, a cura di SOS Mediterranee Italia.

“Ci troviamo di fronte ad un assurdo storico nella distinzione tra rifugiati e migranti economico/ambientale. Quello che è auspicabile, e possibile, è che l’accordo di Parigi alla COP 21 del 2015 riducendo le incertezze sugli scenari futuri del cambiamento climatico consenta di arrivare ad un riconoscimento ufficiale del rifugiato climatico-ambientale - Vittorio Cogliati Dezza, responsabile migranti e interdipendenza di Legambiente -. La strada a quanto pare è ancora lunga e tortuosa, visto che anche in Italia si continua ad affrontare la questione migranti come se fosse un problema di ordine pubblico o peggio ancora come propaganda politica farcita di populismo come sta avvenendo in questi giorni in Parlamento per la discussione sulla legge per lo ius soli. Così come non è accettabile che ancora l’Europa si barrichi dietro la distinzione tra profughi di guerra e profughi economici e ambientali, la stessa Europa che è responsabile dell’attuale crisi economico-ambientale che distrugge vite in Africa. Rintanarsi nella logica del fortino assediato, come in tanti stanno facendo, dimostra solo che non si sta capendo cosa sta succedendo ed impedisce di proporre nuove politiche capaci di governare il cambiamento in corso”.

Occorre quindi iniziare ad incrociare i dati e ragionare in maniera più ampia, per andare oltre la distinzione tra migranti economici e ambientali. Anche perché i cambiamenti climatici ed i disastri ambientali non solo sono la principale causa che provoca sfollati ed inurbamento di masse sempre maggiori, ma cominciano ad essere una delle principali cause delle migrazioni internazionali.
Nel Sud Sudan, ad esempio, secondo le agenzie umanitarie della Nazioni Unite, il numero totale di persone colpite nel paese crescerà da 4,9 a 5,5 milioni con il culminare della stagione secca. In Somalia, la siccità sta minacciando il 50% della popolazione di poco più di sei milioni di persone Si prevede che circa 185.000 bambini soffriranno di malnutrizione acuta grave, nei prossimi mesi questo dato ci si aspetta arriverà a 270.000. In Nigeria oltre due milioni di persone hanno bisogno di assistenza e vivono in campi profughi a cui vanno sommate altre centinaia di migliaia di persone dei paesi vicini - Camerun, Niger e Ciad – che si sono rifugiate intorno al lago Ciad e nel Nordest della Nigeria, il numero di bambini colpiti da malnutrizione acuta grave ci si aspetta che quest’anno arriverà a 450.000. In Etiopia quasi dieci milioni di persone sono a rischio fame e 400mila bambini sono a rischio denutrizione. A questi paesi africani si deve aggiungere lo Yemen, colpito da guerra e siccità, a pericolo carestia, e alcune zone del Kenya. Va inoltre ricordato che la Siria, in guerra dal 2011, dal 2006 al 2011 ha patito la peggiore siccità della sua storia, con una disintegrazione del settore agricolo.

I migranti sbarcati in Italia (fonte Ministero dell’Interno) negli ultimi 18 mesi provengono soprattutto da Nigeria, Guinea, Costa d’Avorio, Gambia, Senegal, Mali, Eritrea, Sudan, Marocco, Somalia, Bangladesh e, in misura minore, dal Pakistan, con particolare impennata di arrivi dall’Eritrea (+925%), Guinea (+255%) e Costa d’Avorio (+139%). Tutti paesi toccati, con intensità diverse, sia da guerre che da disastri climatico-ambientali. In questi paesi il rischio climatico, secondo l’indice messo a punto dal Germanwatch, nel periodo 1996-2015 era di alto livello solo per Bangladesh e Pakistan, che occupano rispettivamente la 6^ e 7^ posizione nel mondo per gravità di esposizione, mentre tra i paesi africani il primo che si incontrava era il Gambia, al 74° posto con un indice di rischio pari a 76,67 (la scala va da 1-10, che rappresenta il massimo rischio, fino a >100), per gli altri paesi il rischio era scarso (superiore a 100 l’indice). Ma se andiamo a vedere solo il 2015, emergono subito le dinamiche in atto: in 7 dei paesi sopra indicati (Sudan, Nigeria, Guinea, Costa d’avorio, Senegal, Mali, Guinea) la situazione peggiora significativamente, entrano tutti nella fascia di rischio 50-100, peggiorando di 30-50 posizioni. Lo stesso avviene per gli altri paesi africani da cui provengono i migranti che arrivano in Italia: Burkina Faso, Camerun, Sierra Leone, Togo e Ghana, soprattutto, che dalla 113^ posizione balza all’8^, e non a caso ad aprile 2017 i richiedenti asilo provenienti dal Ghana sono cresciuti del 107% (la nazionalità che cresce di più), mentre dal 2015 al 2016 erano cresciuti del 36%.

“In Europa di tutto ciò arriva solo un pallido riflesso, se guardiamo ai numeri, ma arrivano anche le novità di questa ondata migratoria, che, per le cause che la scatenano, non ha precedenti – dichiara Gianfranco Zanna, presidente di Legambiente Sicilia -. Se vogliamo comprendere cosa sarà la stessa Sicilia nei prossimi anni dobbiamo capire con quale scenario ci confronteremo. E dobbiamo sperare che al più presto il Mediterraneo possa tornare a essere un mare che unisce, che tiene insieme culture che riprendono a contaminarsi. Solo in un simile scenario l´Europa potrà, assieme ai paesi della sponda sud, recuperare un ruolo importante in un mondo dove sono profondamente cambiati gli equilibri e dove la demografia oggi appare importante almeno quanto l’economia nell´individuazione dei modelli di sviluppo futuri. Solo in un simile scenario la Sicilia potrà non solo superare l´attuale marginalità ma diventare una regione di centrale importanza”.

 

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