Inserita in Sport il 23/02/2015
da Gabriele Li Mandri
Il punto sulla Serie A: piove sul bagnato
Quando, negli anni ’50, il Conte Alberto Rognoni soleva iniziare i suoi editoriali sul Guerino con il celebre tormentone “In questo nostro Paese di santi, di poeti e di navigatori” non avrebbe mai immaginato che, più di sessant’anni dopo, si sarebbe ancora assistito a partite di calcio rinviate per pioggia. Ma soprattutto, è lecito credere che quando parlava di “navigatori” non si riferisse ai topi del Ferraris di Genova, gli unici ad aver zampettato sul manto allagato del campo sabato sera, con tanto di pinne e braccioli.
E così è andato a finire l’attesissimo derby della Lanterna: letteralmente, un buco nell’acqua. Son bastati 30 innocui millimetri di pioggia, in una città abituata purtroppo a ben altro, a mandare nel caos gli addetti ai lavori: teloni scomparsi chissà dove e totale noncuranza del terreno di gioco, nonostante le previsioni meteo (per una volta) azzeccatissime. E così, invece di Perotti, di Eto’o, di Eder, a dare spettacolo con le sue giocate è stato l’arbitro: non fosse bastata la delusione per l’annullamento del match, i tifosi sono stati persino costretti ad assistere per mezzora, sotto la pioggia, ai siparietti del signor Rocchi, decisosi al rinvio solo dopo un secondo, futilissimo sopralluogo. Ed eccolo, allora, rientrare impettito in campo, tentare un filtrante verso il quarto uomo, per poi dedicarsi alle “sciabolate morbide”. Il tutto per verificare il rimbalzo della palla che, per la cronaca, non sarebbe rimbalzata neanche se a calciarla fosse stato Mihajlovic, uno che di derby ne ha vissuti parecchi e che aveva un cannone al posto del sinistro.
Perché l’Italia è questa, è il paese della teatralità, dove un arbitro non può rinviare una partita senza prima consultarsi con gli allenatori, i capitani, la Lega, il Presidente del Consiglio, la Befana e Babbo Natale. Che per fare scena deve rientrare in campo e mimare, come un consumato Gassman, che lui ci ha provato, che la colpa non è sua e che magari bisogna anche ringraziarlo per il tempo dedicatoci. E a proposito di teatri, vogliamo parlare un po’ del Ferraris? Lo stadio più vecchio d’Italia (data di nascita: 14 maggio 1911), devastato e ricostruito nell’89 per far fronte alla modernizzazione pre-Mondiali ’90: un totale disastro. 70 centimetri di sabbia posati sopra un piano argilloso più efficace del fondo di una piscina, che manco le “vecchie tecnologie” possono aiutare: una leggenda metropolitana racconta (e non è uno scherzo) che l’ultima volta che ci han provato, i teloni siano stati bucherellati dai famosi roditori. La realtà è un’altra: Genoa e Samp devono più di 2 milioni di arretrati al consorzio che gestisce lo stadio, e che ovviamente i teloni se li tiene per la vendemmia. E dire che, a proposito del Rognoni, sotto quell’ammasso di sabbia e fango dovrebbe giacere, da qualche parte, una medaglia d’oro consegnata dal Guerin Sportivo all’allora portierone del Genoa Giovanni De Prà, e fatta interrare dal Comune di Genova nel 1979 dopo una pomposissima cerimonia: usiamo il condizionale perché è probabile che, dopo il “restauro” dello stadio, si siano intascati pure quella.
Perché l’Italia è il paese dell’apparenza che inganna, con i suoi pseudo-ricconi che a parole sono grandissimi e che poi mandano sul lastrico società e uomini perché non hanno una lira nel borsello, dopo aver ovviamente acchiappato tutto l’acchiappabile e stipato chissà dove, come le marmotte. Chiedere al derelitto Parma, oramai sull’orlo del fallimento, ai suoi giocatori, ai magazzinieri, ai raccattapalle che non prendono lo stipendio da mesi: chiedere ai Tanzi di ieri, di oggi e di domani, quanto sia facile rovinare il gioco più amato dagli italiani, e molte loro famiglie, con i loro sporchi intrighi monetari. Potrà sembrare una banale metafora, però è il caso di dirla lo stesso: signori, piove sul bagnato.
Gabriele Li Mandri
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