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Inserita in Un caffè con... il 20/11/2014
da Direttore
Antonio Pasquale Lufrano
Perché è sbagliato sottovalutare Tor Sapienza
Si ha un bel dire che a Tor Sapienza i manifestanti sbagliano nel reagire contro gli estracomunitari asserragliati nel quartiere. Si ha un bel dire che devono essere tolleranti e capire. Ha un bel dire anche il Papa quando invita alla comprensione reciproca tra due comunità che ormai campiscono un territorio che è terra di nessuno. Si ha un bel dire che siamo in Italia quando gli italiani si sentono (e sono) trattati alla stregua di stranieri nel nome di un internazionalismo che, dal ’45 in poi, ha tacciato di fascismo ogni impulso patriota distruggendo l’orgoglio e l’identità italiana, e riempendosi la bocca di misconosciute tradizioni locali. Si invochi pure a parole dal Presidente del Consiglio il ritorno ad un orgoglio di gente italica, operosa e produttiva, mentre nei fatti siamo schiavi di situazioni incresciose di appropriamento di territori da comunità che non hanno nessun interesse, nessun rispetto e nessuna tradizione locale, creati da una politica di lassismo sociale. Non si può certo darne colpa alle comunità che ne hanno approfittato, essendo poste nelle condizioni per farlo ed avendo necessità impellenti da soddisfare, ma non si può dare la colpa ai residenti storici dei quartieri romani che si sentono assediati, e che reagiscono, perché la misura è colma! Vadano i tanti criticoni a trasferirsi nelle periferie (e non solo ormai) invase da culture, religioni ed espressioni diverse, tese a creare uno Stato nello Stato, e poi si abbia il coraggio di non recriminare. Si è perso il senso della misura, sempre in nome di un malinteso internazionalismo, per rifornire di manovalanza a basso costo le industrie di varia natura e dimensione compresa (ma nessuno ne parla) quella del malaffare. Oggi, per dare una sterzata (indispensabile se non si vuole tornare al feudalesimo) sociale non basta invocare lo spirito nazionale (che pure è ancora attivissimo se no hai voglia che saremmo allo sfacelo) mettendo il tricolore sulle gazzelle della Polizia (i corpi di difesa “nazionale” svolgono un compito eccezionale, misconosciuto e sottopagato!) ma bisogna restituire alla gente le ragioni per sentirsi italiani in casa propria, rispettati e amati. Come? Tornado a fare politica tra la gente ogni giorno e risolvendo i problemi locali invece di star chiusi nei palazzi; cito De Gasperi, che per tanti versi non condivido, ma che fu un grande della politica, certamente, perché amava la sua terra e la sua gente. Potrei citarne altri, ma non voglio affogare nella nostalgia e nel ricordo di “uomini” di cui emuli di par valore stentano a rivelarsi per ostruzionismo e paura che possano prendere troppo potere, quel potere che si lascia dominare solo dalla volontà, dal sacrificio di sé e dalla tanto biasimata e vilipesa Cultura. Perché? Perché se i tolleranti e pazienti italiani toccano il fondo sono capaci di mettere a ferro e a fuoco l’Italia intera! Non ci credete? No! Preferite non credere e non pensare, bollando gli episodi di Tor Sapienza come una realtà locale sfuggita al controllo, mentre a Genova, e nelle altre città alluvionate, si cacciano i politici che vengono a fare passerella. Preferite credere che la fame per gli italiani sia un problema minore rispetto al sangue, alla violenza, al sacrificio di sé fino alla morte? Pensate che l’Unità d’Italia sia una bufala e che non esiste uno Spirito nazionale? Sbagliate, e ve ne accorgerete presto se non si cambia rotta. Il pesce puzza dalla testa si dice da noi, come in Cina; chi pensa che il rispetto dell’uomo sia aria fritta per tenere a bada i bambinelli non ha idea con quale bomba sta giocando. Antonio Pasquale Lufrano.
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