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Inserita in Economia il 05/03/2013 da redazione

Bankitalia: il 65% delle famiglie in difficoltà

Bankitalia:

Due famiglie su tre sono in difficoltà e ritengono insufficiente il proprio reddito. A pesare sono la contrazione del potere d'acquisto e, considerando reddito e ricchezza, l'assottigliarsi delle risorse disponibili, che azzerano le possibilità di risparmio. E i più colpiti sono i nuclei giovani e quelli che vivono in affitto. A scattare la fotografia, al 2010, sono due studi pubblicati sul sito di Bankitalia, che riportano in primo piano le conseguenze della crisi sulle famiglie italiane. Immediata la reazione dei sindacati che bocciano la politica e chiedono un'inversione di rotta.

 

«La povertà cresce. Ma in tanti anni non si è mai fatto nulla», denuncia il segretario generale della Cgil Susanna Camusso. C'è una sola terapia disponibile per il numero uno della Uil Luigi Angeletti: «subito una riduzione delle tasse sul lavoro». Ma per fare politiche diverse serve un governo che ancora non c'è. «Io spero che prevalga il senso di responsabilità per allestire al più presto un governo», dice il leader Cisl Raffaele Bonanni, prima ancora che i dati siano diffusi, commentando le vicende Ilva e Bridgestone. Del resto, il quadro descritto dagli economisti di Via Nazionale è pessimo. E sicuramente peggiorato negli ultimi due anni di crisi. Nel 2010 è aumentata al 65% (era al di sotto del 40% nel 1990) la quota dei nuclei che valutano il proprio reddito inferiore a quanto ritenuto necessario e l'incremento è più diffuso per quelli che vivono in affitto, in cui il capo-famiglia è operaio oppure disoccupato, pensionato, impiegato a tempo parziale.Non solo.

 

Ci sono «chiari segnali di difficoltà delle famiglie nel riuscire a risparmiare la quantità di risorse desiderata, in presenza di una marcata contrazione del reddito disponibile e del contestuale obiettivo di contenerne l'impatto sul proprio tenore di vita», scrivono nel loro 'occasional paper' Antonio Bassanetti e Concetta Rondinelli, analizzando le valutazioni espresse dalle famiglie nell'ambito dell'Inchiesta mensile sulla fiducia dei consumatori condotta sino al 2010 dall'Isae e successivamente dall'Istat. La recente flessione del saggio di risparmio delle famiglie italiane, quasi 4 punti percentuali tra il 2007 e il 2011, si evidenzia nello studio, è avvenuta a fronte di una sostanziale stazionarietà in Francia e in Germania. In particolare, sono aumentate, fino a toccare il 90% nell'ultimo quinquennio (dal 75% degli anni precedenti), le famiglie che ritengono opportuno risparmiare, plausibilmente per motivi precauzionali legati alla fase ciclica recessiva. In un'altra analisi, condotta da Laura Bartiloro e Cristiana Rampazzi, emerge come siano i nuclei familiari a basso reddito, quelli giovani e gli affittuari i più colpiti dalla crisi. Considerando una misurazione della povertà, che oltre al reddito, prenda in considerazione anche la ricchezza, è emerso tra il 2008 e il 2010 un peggioramento di tali indicatori, in misura particolarmente accentuata proprio tra i giovani e gli affittuari. Nel 2010 le famiglie povere di reddito e di ricchezza al netto dell'abitazione di residenza erano l'8,8 per cento, in lieve aumento rispetto al 2008; tra quelle giovani, l'incidenza della povertà è invece aumentata di quasi tre punti tra le due rilevazioni, fino a raggiungere il 15,2 per cento, un valore ben più elevato di quello della popolazione nel suo complesso.

 

Per gli affittuari la percentuale è ancora maggiore, pari al 26,1 per cento, in aumento di 3,5 punti tra le ultime due rilevazioni. L'evidenza presentata in questo lavoro pone in luce la vulnerabilità di una quota rilevante di famiglie giovani e di locatari.Di fronte a una generale riduzione del risparmio e dell'interruzione della crescita della ricchezza netta, alcune famiglie hanno dunque risentito della crisi più di altre.

 

E i dati macroeconomici più recenti, segnala lo studio, indicano «una ulteriore riduzione del reddito e un peggioramento del tasso di risparmio, prefigurando quindi un successivo inasprimento delle condizioni finanziarie delle famiglie più vulnerabili in assenza di opportune misure di sostegno o di una ripresa del ciclo economico». Ancora prima del dispiegarsi degli effetti della crisi, osservano i due economisti, il risparmio delle famiglie italiane era in calo. La propensione al risparmio delle famiglie è ulteriormente diminuita dopo il 2008 ed è aumentata la quota di famiglie con reddito insufficiente a coprire i consumi, in particolare per le famiglie a basso reddito: la metà dei nuclei appartenenti a questa classe ha entrate insufficienti a coprire i consumi.Amara la constatazione del leader della Cgil, Susanna Camusso. «È un tema che abbiamo sollevato in tante occasioni: la povertà cresce. Ma in tanti anni non si è mai fatto nulla».

 

La situazione delle famiglie, dal 2010 ad oggi, «è anche peggiorata» e ora «c'è una sola soluzione: il taglio delle tasse sul lavoro, compensato da una riduzione dei costi della politica» avverte, parlando all'Adnkronos, il segretario generale della Uil, Luigi Angeletti. Per Angeletti «l'unica strada» per risolvere il problema per le famiglie italiane «è tagliare le tasse sul lavoro»: «tutti le altre terapie sono tentativi di fuga. Questa terapia è la più complicata perchè bisogna trovare i soldi ma si può fare in particolare con una drastica riduzione dei costi della politica». Tutte le chiacchiere che non «affrontano il problema delle tasche degli italiani sono scorciatoie per non risolvere il problema: o ci inondano di soldi ma non penso che ci sia qualcuno disposto a darci i soldi necessari o si riducono le tasse sul lavoro. Solo con un aumento della domanda interna, sostiene Angeletti, »si può invertire la strada e evitare che continui la distruzione di posti di lavoro. È l'unica soluzione. Le altre sono solo propaganda o fumo negli occhi.

 

A una nuova politica economica guarda anche il segretario generale dell'Ugl, Giovanni Centrella.C'è bisogno di una politica vera perchè, in questi ultimi due anni, sono mancate riforme vere come quella fiscale e come quella del lavoro. Al contrario, la riforma Fornero ha reso più difficile assumere e più facile licenziare«. D'altra parte, avverte il sindacalista, »l'Italia continuando ad andare incontro alle richieste dell'Europa rischia di andare sempre peggio

 

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