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Inserita in Cultura il 05/06/2017 da Direttore

Alcamo: intervista a Domenico Sucameli, grande artista e tecnico della ceramica

Alcamo:
La ceramica è, senza ombra di dubbio alcuno, una delle forme d’arte primordiali, quella al quale l’uomo, certamente, nella storia della sua evoluzione sociale ha dedicato la maggiore attenzione, tanto che in tutti i musei italiani, europei e del mondo (da quelli prettamente archeologici a quelli di artistici) sono esposti prodotti artigianali in ceramica. Ogni civiltà dell’uomo ha avuto, indubbiamente, ed ha, un proprio stile, riconoscibile a tutti, talvolta contraddistintivo di una età specifica o di una particolare area geografica, e questo stile è fortemente legato alla storia di un certo territorio. La ceramica narra il popolo. Durante la vita di grandi regni, in vicinanza delle città importanti e delle sedi del potere, ci sono sempre luoghi e paesi in cui si creavano ceramiche artistiche.
Ad esempio, in Sicilia, numerosi sono i centri il cui nome e la cui storia sono legati, indissolubilmente, alla ceramica: Santa Stefano di Camastra, Sciacca, Burgio, Caltagirone, Noto, Erice e, senza fuor di dubbio, la stessa Alcamo. Nel corso di questi ultimi anni, le aziende manifatturiere siciliane, spinte dall’onda lunga del turismo culturale, monumentale e archeologico, hanno avuto, esse stesse, un interessante percorso culturale. Il boom industriale italiano aveva modificato le originarie botteghe artigiane in industrie con fabbricazioni di massa producendo un appiattimento culturale e abbandonando in disparte coloro che mantenevano le tradizioni storiche e che proseguivano nel fare ricerca e rivolgimento culturale.
Poi, l’ingresso nel mercato italiano, e non solo, planetario direi, al dettaglio delle industrie cinesi e la competizione sul prezzo ha sinistrato le imprese “pigre” e obbligato alla chiusura molte realtà industriali. Ma una moneta ha sempre due facce, e la seconda faccia della moneta è stata la riconsiderazione di tutti quelli che avevano sempre ininterrotto a sperimentare e a custodire la memoria storica di una civiltà e di un popolo.
Una di queste persone è il fondatore di Keramos Arte, Domenico Sucameli, una impresa che sorge nella città di Cielo d’Alcamo e che oggi è guidata anche dalla moglie Laura Adriano, anch’essa artista matura e ceramista affermata. La passione di Domenico per la ceramica è impetuosa e si travede in ogni sua parola e nella sua storia personale. Negli anni passati Domenico ha fatto sue le tradizioni della cultura ceramista siciliana che oggi conserva, unico nella realtà in cui opera e per la tipicità che produce, e tramanda nelle sue pregevoli opere d’arte.
Avere la possibilità di essere guidati da Domenico fra le stanze del suo atelier artistico, la bottega storica di via Vittorio Veneto ad Alcamo, è una esperienza indimenticabile che auguro a tutti di poter compiere.

Domenico, come ti sei avvicinato alla ceramica?
La ceramica fa parte delle tradizioni del mio paese, ma nel mio caso l’amore per Lei è nato piano ed è cominciato da giovanissimo.

In questi anni hai raccolto nel tuo archivio della memoria la tradizione ceramista siciliana. Abbiamo visto la passione nei tuoi occhi mentre ci hai parlato, nel visitarla, della vostra bottega d’arte. Perché fai tutto questo? Cosa ti spinge a preservare le tradizioni e al contempo a sperimentare l’innovazione, come quella delle tecniche operate per realizzare quei magnifici animali da collazionare con calamite? Per inciso, i gatti sono superbi.
Non so spiegarlo di preciso. Da una parte sento una forte spinta verso l’innovazione e la sperimentazione di nuove forme e colori, dall’altra amo la bellezza e non vorrei disperderla. Riesco a vedere la bellezza nelle forme classiche tradizionali e, congiuntamente, nei nuovi design o nelle sperimentazioni di un giovane artista. Vorrei che tutti ne potessero godere ma poi penso anche che “tutto passa” e che non bisogna essere troppo ancorati al passato.
Riuscire a godere della bellezza è un percorso personale e richiede una apertura dello spirito. E’ un percorso e non un fine e per questo mostro il mio archivio solo a quelli che hanno intrapreso questo percorso e a lei che è particolarmente sensibile. Un poeta e uno scrittore sono, come me, persone vocate a leggere il mondo e a sentirne il peso dell’inesorabile cambiamento.

La creatività e la bellezza sono un percorso personale o possono essere condivise?
La creatività è generalmente un fatto personale, ma quando diventa un processo condiviso può raggiungere dei livelli altissimi. Se pensiamo alle botteghe artigiane (che siano quelle del passato o che siano i laboratori delle imprese di oggi), il lavoro è un processo collegiale. La scelta dell’impasto, la colatura dell’argilla, la cottura, la pittura, e anche il modo di trasmettere questo valore al cliente finale, fanno parte essenziale del processo creativo e sono un patrimonio di sapienza di diverse persone che collaborano insieme per realizzare il capolavoro.
Se manca una di queste conoscenze non si può raggiungere l’eccellenza. Arte e tecnologia devono andare “a braccetto” senza farsi la guerra ma sfidandosi reciprocamente per raggiungere nuovi traguardi e trasmettere nuove emozioni. I miei collaboratori sono il principale patrimonio della nostra impresa.

Il tuo sembra un “amore distaccato”. Cosa significa?
Forse significa continuare a far vivere alcuni dei miei maestri attraverso la storia. Ma senza nostalgia: la vita è nel futuro ed il passato ci può dare ispirazione, ci può spingere verso una innovazione continua ma non può tornare. Il tempo cambia le forme espressive e il modo di comunicare, le possibilità offerte dalle tecnologie moderne aumentano le nostre possibilità espressive: e tutto questo ci proietta nel futuro. Ma il passato costruisce il senso e da sapore e spessore anche alle nostre innovazioni attuali.
I miei figli sono il naturale passaggio culturale del modo di essere. Crescono su una salda tradizione e poi se vorranno creeranno. La creazione è una atto di generosità. Dio ci insegna questo con tutte le sue manifestazioni. Posso e potrò dare consigli ai miei figli ma ho anche molto da imparare da loro e dal loro modo di relazionarsi con il mondo che cambia. Ma è la mia storia e quella di ciascuno di noi, per ciò che è e ciò che fa, che può dare il senso del diventare condottieri in un mondo che ci chiede di difendere le tradizioni. Il bello di avere le nuove generazioni è proprio la libertà che mi sto riguadagnando nel curare la filosofia della nostra impresa e la libertà creativa che posso continuare a sperimentare in questa mia continua “ricerca del bello”.

 

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