Inserita in Cultura il 06/11/2016
da REDAZIONE REGIONALE
TORINO - MOSTRA “PIERO GIANUZZI. LA REALTÀ IMMAGINATA”
Il Museo MIIT di Torino, la rivista internazionale Italia Arte, la Galleria Folco presentano la MOSTRA “PIERO GIANUZZI. LA REALTÀ IMMAGINATA”. Dal 10 al 30 novembre è presentata una selezione delle opere di Piero Gianuzzi (Torino 1937 - Alpignano 1996) in un’antologica, nel ventennale della scomparsa, che si sviluppa in un percorso attraverso le diverse stagioni del ‘900, in maniera coerente con un linguaggio sempre personale e dall’originale visionarietà. L’esposizione traccia un affresco della creatività di Gianuzzi, prendendo in esame varie serie che negli anni si sono susseguite, intersecate, completate a vicenda fino a formare una personalità complessa e profondamente ancorata ad una attenta e sincera rappresentazione dell’esistenza. Un’interpretazione del mondo e della vita, dell’Uomo e dell’Essere che Piero Gianuzzi ci restituisce nei ‘frammenti’ di memoria, ironicamente definiti dall’artista ‘affreschi’, quasi a sottolineare quanto l’arte riesca a rendere immortale ed eterno l’attimo dell’ispirazione e della creazione. Nei ‘ritratti’, invece, l’artista coglie l’essenza dei suoi personaggi, raffigurandoli spesso incorniciati da uno spazio definito e circoscritto, quadro nel quadro, alla maniera fiamminga appunto, esaltando così il ruolo della scenografia e dell’ambiente circostante, quello dell’osservatore e del protagonista, complementari e in stretto dialogo reciproco di sentimenti ed emozioni.
Anche ottimo incisore, Gianuzzi esalta nel tratto continuo la definizione delle prospettive, i diversi piani compositivi, l’armonica consonanza dei toni e dei colori in una suggestiva, silente ed onirica metafora della vita. Il desiderio di libertà, la continua sperimentazione su materiali e con tecniche diverse trovano in Gianuzzi una raffinata scuola di pensiero, che spazia dalla metafisica al simbolismo, rendendo l’immagine elemento riconoscibile e riconducibile a un’idea, a una realtà. E’ il caso del personaggi vestiti con abiti talari, ritmati nelle quinte teatrali di un ambiente, quasi un gioco delle parti che dell’uomo restituisce diverse concezioni, da quella sacrale e spirituale, a quella terrena e laica, in una continua, simbolica lotta tra bene e male. Anche il ‘venditore di quadri’, come pure il ‘commesso viaggiatore’ altro non sono che concetti espressi in pittura per affrontare problematiche esistenziali e quotidiane, dal desiderio ‘autobiografico’ di diventare artista alla consapevolezza dell’inarrestabile trascorrere del tempo. L’istante effimero della verità e del sogno, così vicini e inscindibili nell’arte di Gianuzzi, diventano elemento fondante di un alfabeto pittorico nuovo, in cui la solitudine si fonde con la speranza, scardinando il pessimismo tradizionale di gran parte della pittura del Novecento, per assurgere, invece, a nuovo strumento di bellezza. I grandi Soli rossi, le sagome abbozzate e nette di gabbiani in volo, il mare e gli orizzonti abitati da personaggi anonimi, quindi universali, da navi e barche lontane ci raccontano di un artista sempre pronto alla scoperta, moderno Ulisse alla ricerca di se stesso e dell’Altro, dell’inconoscibile e dell’ignoto dell’anima del mondo. Nel teatro della vita i protagonisti delle opere di Gianuzzi inseguono l’inconscio, tentano di decifrarne gli alfabeti più nascosti e profondi, dall’infanzia alla vecchiaia per giungere, infine, alla conoscenza della terrena fragilità umana, di quella ‘realtà immaginata’ che per tutta la vita ha affascinato l’uomo e l’artista.
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