Inserita in Cronaca il 28/01/2013
da redazione
Ustica: ad abbattere il dc-9 fu un missile
La strage di Ustica avvenne a causa di un missile e non di una esplosione interna al Dc9 Itavia con 81 persone a bordo, e lo Stato deve risarcire i familiari delle vittime per non aver garantito, con sufficienti controlli dei radar civili e militari, la sicurezza dei cieli. Lo sottolinea la Cassazione in sede civile nella prima sentenza definitiva di condanna al risarcimento.
È la prima verità su Ustica dopo il niente di fatto dei processi penali. Nel disastro aereo di Ustica del 27 giugno 1980 persero la vita 81 persone nel cielo tra le isole di Ustica e Ponza, l'aereo decollato dall'aeroporto di Bologna, appartenente alla compagnia aerea italiana Itavia, si squarciò in volo all'improvviso e scomparve in mare. Una vicenda che ad oggi resta avvolta da misteri. Un caso irrisolto, l’ennesimo, con cui l’Italia deve fare i conti. Non basta infatti il risarcimento alle vittime per placare la sete di verità attesa dalle 81 famiglie delle vittime e dagli italiani tutti. Morti e sparizioni sospette si susseguirono a quel maledetto giorno di 33 anni fa. Senza successo i ministeri, difesi dall'Avvocatura generale dello Stato, hanno per prima cosa tentato di dire che il disastro aereo si era ormai prescritto e poi che non si poteva loro imputare «l'omissione di condotte doverose in difetto di prova circa l'effettivo svolgimento dell'evento».
La Cassazione ha replicato che «è pacifico l'obbligo delle amministrazioni ricorrenti di assicurare la sicurezza dei voli», e che «è abbondantemente e congruamente motivata la tesi del missile» accolta dalla Corte di Appello di Palermo nel primo verdetto sui risarcimenti ai familiari delle vittime depositato il 14/06/2010. Quanto alla prescrizione, il motivo è stato giudicato "infondato".
Ad avviso della Suprema Corte, l'evento stesso dell'avvenuta vicenda della strage di Ustica «dimostra la violazione della norma cautelare». La Cassazione ricorda che in relazione alla domanda risarcitoria proposta - in un'altra causa sempre nata da questo disastro aereo - da Itavia contro gli stessi ministeri, più quello dell'Interno, è stato affermato che «l'omissione di una condotta rileva, quale condizione determinativa del processo causale dell'evento dannoso, soltanto quando si tratti di omissione di un comportamento di cautela imposto da una norma giuridica specifica, ovvero da una posizione del soggetto che implichi l'esistenza di particolari obblighi di prevenzione dell'evento». «Una volta dimostrata in giudizio la sussistenza dell'obbligo di osservare la regola cautelare omessa (il controllo dei cieli, ndr) - prosegue la Cassazione - ed una volta appurato che l'evento appartiene al novero di quelli che la norma mirava ad evitare attraverso il comportamento richiesto, non rileva, ai fini dell'esonero dalla responsabilità, che il soggetto tenuto a detta osservanza abbia provato la non conoscenza in concreto dell'esistenza del pericolo". In proposito, i supremi giudici sottolineano che non "è in dubbio che le Amministrazioni avessero l'obbligo di garantire la sicurezza dei voli".
La Suprema Corte, dopo aver rigettato i ricorsi della Difesa e dei Trasporti, ha poi accolto il reclamo dei familiari delle tre vittime rinviando alla Corte di Appello di Palermo per valutare se possa essere concesso un risarcimento più elevato rispetto al milione e 240mila euro complessivamente liquidato ai familiari.
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