Inserita in Politica il 22/06/2015
da REDAZIONE REGIONALE
PALERMO - FESTIVAL DEL LAVORO 2015
Negli ultimi anni le politiche del lavoro dirette ad accrescere la flessibilità contrattuale e deregolamentare le norme a tutela dell’impiego non hanno migliorato significativamente l’efficienza e la competitività delle imprese, né le prospettive occupazionali e salariali dei lavoratori. L’economia italiana soffre, infatti, di una serie di nodi strutturali che non riguardano solo l’organizzazione normativa del mercato del lavoro ma hanno a che fare soprattutto con le caratteristiche produttive, manageriali e finanziarie del sistema delle imprese. In particolare, il tessuto produttivo è eccessivamente frammentato, specializzato in produzioni a basso contenuto innovativo e gestito da imprenditori con un livello di istruzione inferiore a quello che si riscontra negli altri competitori europei. L’insieme di questi elementi favorisce un modello di competizione che tende a privilegiare la riduzione del costo del lavoro piuttosto che l’aumento del valore della produzione, attraverso la valorizzazione delle competenze professionali e la crescita della produttività. L’efficacia delle politiche del lavoro dipende quindi dalla capacità di integrarle con misure di politica industriale e con interventi nel mercato del credito in grado di riorientare gli incentivi produttivi e strategici del sistema imprenditoriale.
Ma c’è un ulteriore elemento (strategico) che molto spesso viene sottovalutato: Il “capitale umano”. Avere risorse — petrolio, minerali, gas, terre fertili e mari pescosi — è utile. Avere macchine avanzate e tecnologiche anche. Ma per mettere assieme tutto questo ci vogliono lavoratori capaci e istruiti, dotati di conoscenza e di voglia di imparare. E per fare ciò occorrono politiche in grado di incentivare questa fondamentale leva del processo produttivo. In Italia, negli ultimi anni, probabilmente complice una crisi che nessun provvedimento legislativo è riuscito a far superare, qualche azienda ha cominciato a scommettere sui propri dipendenti. Ma, evidentemente, è ancora troppo poco se molti giovani laureati preferiscono andare all’estero attratti da condizioni di lavoro migliori. Così, mentre l’Italia perde parte dei suoi talenti migliori per l’incapacità di innovarsi (non solo tecnologicamente) le coste a Sud della Penisola sono prese d’assalto da chi vede nel nostro Paese il nuovo Eldorado. Una situazione, quest’ultima, diventata una vera emergenza che mette il mercato del lavoro italiano in una condizione di iper offerta di lavoratori a basso valore aggiunto e che apre una vera e propria sfida nei confronti della convivenza pacifica fra popoli all’interno di un territorio segnato dalla crisi che stenta a ripartire
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